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Il nuovo programma per risolvere i problemi del vino italiano

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Testo unico, Ocm promozione e registro telematico. Martina al tavolo di filiera: “Pronti al dialogo ma la discussione non sia infinita. Altrimenti avanti da soli”. Intanto è ufficiale: sulla dematerializzazione niente sanzioni fino al 30 giugno.

Il Mipaaf apre le sue porte al vino e lo fa a tre mesi dalla lettera con cui le associazioni di categoria avevano chiesto con forza al ministro per le Politiche agricole, Maurizio Martina, di essere ricevute per discutere delle urgenze del settore e a poche settimane dall'incontro della filiera a Vinitaly a cui il ministro non aveva preso parte. Al tavolo, convocato negli uffici del ministero di via XX Settembre, c'erano le più importanti sigle e c'era lo staff al completo del ministro, assieme ai vertici dei principali dipartimenti, dalla repressione frodi alle politiche competitive.

È la prima volta che il Mipaaf convoca tutti i vertici di categoria. Al centro della riunione, durata poco più di un'ora e mezza, tre argomenti che stanno tenendo banco in questo periodo e che stanno diventando particolarmente urgenti: Testo unico del vino, nuovo decreto Ocm promozione 2017/18 e registro telematico. La parola d'ordine è stata concertazione, unita alla novità di creare una sorta di coordinamento presso il gabinetto e la segreteria tecnica del ministro Martina, per fare in modo che il vino abbia un interlocutore unico a cui fare riferimento. L'altra novità è la pubblicazione del decreto del Mipaaf con cui si proroga dal 30 aprile al 30 giugno l'entrata in vigore dell'obbligo di tenuta del registro telematico.

 

Ocm promozione, parte il confronto sul nuovo bando

Sull'Ocm promozione, il Mipaaf non ha ancora assegnato 13,5 milioni di euro di fondi europei per progetti sui mercati extra-Ue. Il 5 maggio prossimo il Tar del Lazio sarà chiamato a esprimersi sui ricorsi presentati da 13 aziende e associazioni temporanee di imprese (Ati) escluse dal doppio bando di luglio e di ottobre 2016. Su questo punto, il Mipaaf, durante la riunione, ha lasciato chiaramente intendere che non cercherà soluzioni alternative prima di quella data e che attenderà il responso dei giudici amministrativi. Dal canto suo, la filiera ha ribadito al ministro Martina (che ha partecipato all'incontro per circa 40 minuti) la necessità di non disperdere assolutamente queste risorse. In particolare, dal dicastero, tramite il capo dipartimento alle politiche competitive, Luca Bianchi, sono giunte rassicurazioni sul fatto che, nel caso il Tar dovesse dare ragione al Mipaaf (e quindi confermare in toto l'elenco degli esclusi), quei 13,5 milioni di euro non assegnati saranno messi a disposizione per l'annualità successiva. A tirare un sospiro di sollievo è stato in primis Antonio Rallo, presidente Uiv, che a febbraio aveva scritto al ministro denunciando lo stallo "inaccettabile" sui fondi promozione: "Visti i problemi che sono sorti con il bando 2016, il ministro Martina ha espresso la volontà di superare il decreto promozione studiando nuove regole e criteri più stringenti che evitino dei conflitti".

 

Il bando 2017/2018

I tempi per la scrittura del nuovo bando 2017/18 sono abbastanza risicati, se si vuole arrivare a ottobre ad approvare e, soprattutto, finanziare i piani di promozione estera, senza restare indietro rispetto ai competitor europei. "L'Italia" ricorda Rallo "esporta metà della sua produzione e in dieci anni ha visto crescere l'export da 3,5 a 5,6 miliardi di euro. La promozione, pertanto, resta un tassello fondamentale per la competitività delle aziende vinicole". Una delle ipotesi circolate al tavolo di filiera è il ritorno al criterio del pro-rata, ma solo dopo una prima attenta cernita delle proposte. Altra ipotesi di lavoro è una migliore definizione dei concetti di beneficiario, l'introduzione di tetti di spesa massima ammessa per progetto (si parla di 3 milioni di euro), nuove disposizioni sulle regole di esclusione delle Ati.

Su tutti questi temi, il Mipaaf ha garantito la massima disponibilità al dialogo dicendosi pronto a rivedere le regole del gioco sulla promozione, a patto però che la discussione non sia infinita "altrimenti si andrà avanti da soli", ha avvertito Martina. La filiera vinicola non aspettava altro, visto che proprio sulla promozione sono sorti i problemi più grandi. Il ministero invierà a stretto giro un elenco delle criticità emerse nel decreto in vigore e già dai prossimi giorni sono attesi i primi incontri tra le associazioni di categoria, che saranno chiamate a fare la loro proposta. Proposta che, in parte, ricalcherà i punti di quella fatta nel 2015, in cui già si chiedevano regole chiare per accedere ai fondi, con una riduzione dei margini discrezionali nelle istruttorie, che di fatto hanno provocato la nota pioggia di ricorsi al Tar. "Riproporremo molto presto all'amministrazione le nostre opinioni, perché i tempi del bando 2017/18 sono rapidissimi e non vogliamo accumulare ritardi", avverte Franco Postorino, direttore dell'area organizzativa di Confagricoltura.

 

Testo unico del vino, pronti i primi decreti attuativi del Mipaaf

La concertazione è la strada prospettata alle associazioni anche in tema di Testo unico del vino, entrato in vigore a gennaio, ma ancora privo dei principali decreti applicativi che sono attesi con urgenza. Il primo agosto, infatti, prende il via ufficialmente la campagna vendemmiale e l'Italia deve avere le sue regole. Gli uffici ministeriali hanno messo mano a circa 15 decreti attuativi sugli oltre 30 previsti in totale. Il ministro Martina ha chiesto un "confronto stringente da svolgersi già nelle prossime settimane sul pacchetto di provvedimenti pronti". Quelli più urgenti, come ricorda il direttore della Federvini, Ottavio Cagiano, riguardano l'implementazione dello schedario viticolo, il registro unico dei controlli, le modalità applicative per il passaggio al controllo unico in azienda: "Tutte iniziative di rilievo che porteranno a una riduzione dei passaggi amministrativi".

 

I prossimi passi

Il Mipaaf invierà nei prossimi giorni le prime bozze di decreto alla filiera che, anche in questo caso, è chiamata in questa fase di concertazione a presentare le proprie osservazioni. "Dovremo essere molto precisi e attenti visto che l'agenda del Mipaaf sarà particolarmente stringente", osserva la presidente di Fivi, Matilde Poggi, che è tornata a chiedere, nell'ambito del Testo unico, una revisione dei criteri di rappresentatività nei consorzi di tutela in modo da accrescere il peso dei piccoli produttori. "Cercheremo sicuramente di parlare con una sola voce in modo da arrivare alla vendemmia con i decreti attuativi approvati", sottolinea Domenico Mastrogiovanni, responsabile vino di Cia, che aggiunge: "Il ministro Martina ha dato credito alla filiera vitivinicola e al suo ruolo nel panorama agroalimentare italiano. Questo è stato un passaggio importante". Soddisfazione anche da parte del mondo cooperativo: "Il clima dell'incontro è stato complessivamente positivo" afferma Ruenza Santandrea, coordinatrice del settore vino per l'Alleanza delle cooperative "e ci preme sottolineare il fatto avremo per la prima volta un referente unico all'interno del Mipaaf con cui dialogare. La presenza del ministro al tavolo è stata il segno di una forte attenzione nei confronti del nostro comparto".

 

Registro telematico, niente sanzioni fino al 30 giugno

Terzo argomento, non meno importante, di cui si è discusso al Ministero è l'operatività del registro telematico. Il Mipaaf ha confermato la proroga, annunciata poco prima del Vinitaly, dello stop alle sanzioni fino al 30 giugno. Il decreto è stato appena pubblicato. Pertanto, ci saranno due mesi in più per l'attuale periodo di transizione dal cartaceo al digitale, che sta interessando circa 16 mila imprese, anche se sono ancora molte quelle che mancano all'appello. Sui registri dematerializzati (la norma è concenuta nel Testo unico) la partita non sarà semplice: occorrerà capire se il sistema sarà in grado di andare a regime e funzionare senza particolari intoppi per cantine e viticoltori, soprattutto dal lato informatico, nella delicata fase della vendemmia.

 

Martina: "Aiutare il settore vino a consolidare la leadership"

"Il nostro metodo di lavoro è di massima condivisione con la filiera dei provvedimenti che dovranno essere utili a semplificare la vita delle aziende e a rafforzare la promozione internazionale" ha rilevato Martina dopo il tavolo ministeriale "e allo stesso tempo il confronto operativo deve avere tempi certi, procedendo con le priorità individuate dal tavolo. È stato un incontro positivo" conclude Martina "per aiutare concretamente il settore vitivinicolo a consolidare la leadership italiana".

 

a cura di Gianluca Atzeni

 

Questo articolo è uscito sul nostro settimanale Tre Bicchieri del 27 aprile

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I festival gastronomici di maggio. Gli appuntamenti da non perdere

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È un mese ricco di appuntamenti, complici le temperature gradevoli e il risveglio della natura. Dal pesce ai prodotti tipici artigianali, passando per il gelato e soprattutto per il vino, il vero protagonista degli eventi di questo mese. Ecco i festival da non perdere a maggio.

Asolo Wine Tasting (Asolo)

Una giornata dedicata al territorio di Asolo Montello e ai suoi vini: dalla tutela della biodiversità al recupero di varietà e tradizioni antiche. È giunto alla sesta edizione l’Asolo Wine Tasting, il banco d’assaggio organizzato dal Consorzio Vini Asolo Montello, con la collaborazione di Slow Food e di Ais Veneto, nelle sale di palazzo Beltramini a Treviso. Domenica 7 maggio, dalle 10 alle 19 si potranno assaggiare l’Asolo Prosecco Superiore DOCG nelle sue diverse versioni, in particolare l’Extra Brut e il Sui Lieviti (il Prosecco rifermentato in bottiglia e senza sboccatura, come da tradizione della zona). Tra i banchi anche le altre due denominazioni tutelate dal Consorzio: Montello DOCG e Montello - Colli Asolani DOC. Il costo della degustazione è di 10 euro comprensivo di tasca e bicchiere souvenir.

Asolo Wine Tasting | Asolo (TV) | palazzo Beltramini | via Regina Cornaro, 3 | 7 maggio 2017 | ingresso 10 euro | www.asolomontello.it

 

Borgo DiVino (Nemi)

Assaggiare i vini dei Castelli Romani ma non solo: torna Borgo DiVino, il festival che ogni anno richiama tantissimi appassionati da tutto il Lazio. Sabato 20 e domenica 21 il centro di Nemi sarà invaso da produttori laziali, trentini e altoatesini, toscani, sardi, ma anche austriaci e sloveni. Tante le novità della terza edizione, fra cui anche le pregiate bottiglie d’Oltralpe, dall’Alsazia alla Loira, dalla Borgogna a Bordeaux.

Quattro le aree di degustazione previste dalla kermesse, una dedicata ai vini laziali con un occhio di riguardo per quelli dei Castelli, la seconda dedicata al panorama nazionale, la terza con focus sui vini naturali e biodinamici, mentre la quarta zona è pensata per dare spazio ai calici francesi. Oltre agli assaggi liberi, diverse le degustazioni guidate, curate dai sommelier Fisar, ma anche approfondimenti del Museo diffuso del vino di Monte Porzio Catone e le visite guidate del gruppo archeologico Ager Lanuvinus et Nemus Aricinum.

Borgo DiVino | Nemi (RM) | sabato 20 (12.30-22) e domenica 21 (12.30-21) 2017 | www.castelliexperience.it/eventi/borgo-divino

 

Asolo Prosecco

 

Ciliegiolo d’Italia (Narni)

Terzo appuntamento dedicato al vino, in questo caso al Ciliegiolo di Narni. Sabato 20 e domenica 21 l’Auditorium di San Domenico - un suggestivo edificio del XII secolo nel cuore del borgo umbro - ospiterà approfondimenti su questo vitigno, seminari e banchi di assaggio con circa 30 produttori locali. Tra i protagonisti dei seminari Alessandra Piubello (Guida Vini Veronelli), Gianni Fabrizio (Gambero Rosso), Guido Ricciarelli (I Vini Buoni d’Italia), Riccardo Viscardi e Livia Berardelli (Doctor Wine). Oltre agli assaggi, in programma anche diversi cooking show, che mirano a trovare gli abbinamenti migliori fra prodotti del territorio e Ciliegiolo. Ai fornelli ci saranno Michele Pidone (Il Lampone-Spoleto), Enzo Iapadre (Bistrot dei Sognatori-Stroncone), Francesco Cocchi (Salefino-Terni), Armando Beneduce (Nascostoposto-Stroncone). L’ingresso ai banchi d’assaggio costa 10 euro (con bicchiere in omaggio), mentre i seminari sono gratuiti.

Ciliegiolo d’Italia | Narni (TR) | Auditorium di San Domenico | via Giuseppe Mazzini, 20 | sabato 20 e domenica 21 maggio 2017 | ingresso degustazioni 10 euro | www.ciliegioloditalia.it

 

Food Science Festival (Mantova)

Analizzare e raccontare il cibo attraverso la prospettiva della scienza: è questo il cuore del Food Science Festival, che si terrà dal 5 al 7 maggio a Mantova. Oltre cento gli eventi previsti tra mostre, laboratori e conferenze con speaker di fama nazionale e internazionale, oltre a diverse occasioni per scoprire le eccellenze della ricerca e dell’enogastronomia italiana. Tanti gli ospiti che animeranno il festival: studiosi come Nina Fedoroff, Robert Ford Denison, Pierdomenico Perata, Attilio Scienza, Dario Bressanini, Fabio Parasecoli; giornalisti come Alok jha, Amelia Beltramini, Allan Bay, Marco Ferrari, designer come Marti Guixé, cuochi e pasticceri come Iginio Massari, panificatori come Marino Tanfoglio.

Food Science Festival | Mantova | varie location | dal 5 al 7 maggio 2017 | /www.mantovafoodscience.it

 

Gelati d’Italia (Orvieto)

Primavera chiama gelato e Orvieto risponde. Dal 27 maggio al 4 giugno la cittadina umbra ospiterà i migliori maestri gelatieri d’Italia, che proporranno assaggi, degustazioni e abbinamenti particolari agli appassionati di questa specialità. Un festival che mette insieme la promozione della tradizione italiana del gelato artigianale con la valorizzazione delle bellezze del centro storico di Orvieto, una delle città simbolo dell’Umbria, ospitando gli eventi negli edifici di pregio della città. Saranno 20 i gusti sotto la luce dei riflettori, provenienti da altrettante regioni, frutto del lavoro di piccole imprese artigianali: al termine della manifestazione sarà proclamata la regione vincitrice della gara. Oltre al gelato, animazione, laboratori, eventi pensati per i più piccoli, musica e cooking show dei cuochi locali.

Gelati d’Italia | Orvieto (TR) | varie location | dal 27 maggio al 4 giugno 2017| www.igelatiditalia.it

 

Gourmandia (Santa Lucia di Piave)

Più di 200 artigiani del gusto, street food di qualità, vino, birra e cocktail: è Gourmandia, il festival ideato dal Gastronauta Davide Paolini, in programma dal 13 al 15 maggio nell'Ex Filanda di Santa Lucia di Piave, in provincia di Treviso. Al centro dell’evento le migliori specialità artigianali italiane - dai salumi ai formaggi, dal pesce ai lievitati, passando per dolci, vini e birre - con assaggi e degustazioni, ma anche talk show e cooking show con alcuni fra i migliori chef italiani. Quattro le sezioni del festival: il mercato degli artigiani, la sala dibattiti e convegni, l’area esterna - con il meglio dello street food di qualità, birra fresca e performance live di esperti bartender - e l’area dedicata ai cooking show. Fra gli chef protagonisti Antonia Klugmann, Emanuele Scarello, Nicola Portinari, Riccardo De Pra, la forager Valeria Mosca, il macellaio Dario Cecchini, il pizzaiolo Denis Lovatel.

Novità di quest’anno è Gourmandia Fest, la parte “più rock e più giovane” della manifestazione, attiva dalle 20 in poi: assaggi di street food di qualità, birra fresca, cocktail preparati al momento e il Soulfood di Radio Padova nella sua versione live.

Gourmandia | Santa Lucia di Piave (TV) | Ex Filanda | via Mareno,1 | dal 13 al 15 maggio 2017 | www.gourmandia.gastronauta.it

 

Mare & Mosto (Sestri Levante)

Il mare e il vino, o meglio il mosto, protagonisti nelle cucine di Sestri Levante il 14 e il 15 maggio. I ristoranti della cittadina ligure proporranno specialità, vini e oli del territorio, con l’obiettivo di valorizzare le produzioni locali, allargando anche lo sguardo oltre i confini della regione. Non solo assaggi, ma anche seminari, laboratori, momenti di approfondimento con esperti del settore, degustazioni guidate. Guideranno i visitatori alla scoperta dei sapori locali Luigi Caricato (Olio officina), Paolo Angelini (Ais Liguria), Luca Risso e Maurizio

Gasco (Clayver), Marco Rezzano e Augusto Manfredi (Ais Liguria), Valeria Radice (Frecciarossa), Fabiano Giorgi (Distretto vini di qualità Oltrepò Pavese). All’interno della manifestazione anche il concorso Miglior Sommelier della Liguria 2017. L’ingresso è gratuito, ma per partecipare alle degustazioni guidate è necessaria la prenotazione.

Mare & Mosto | Sestri Levante (GE) | Ex convento dell’Annunziata, Baia del Silenzio | via Portobello 1 | 14 e 15 maggio 2017 | www.maremosto.it

 

Mercato dei vini della FIVI (Roma)

Più che un festival, un vero e proprio mercato che valorizza le produzioni indipendenti, dove sarà possibile acquistare ma anche chiacchierare con i vignaioli, condividendo con loro le esperienze del mestiere. Sabato 13 e domenica 14 maggio al Salone delle Fontane all’Eur ci saranno oltre 200 vignaioli aderenti alla FIVI, la Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti: dopo il successo della sesta edizione del 26 e il 27 novembre scorso a Piacenza, l’organizzazione ha deciso di raddoppiare con questo evento fuori programma nella Capitale. L’ingresso giornaliero costa 15 euro.

Mercato dei vini della FIVI | Roma | Salone delle Fontane all’Eur | via Ciro il Grande, 10-12 | 13 e 14 maggio 2017, dalle 11 alle 19 | ingresso 15 euro | www.mercatodeivini.it

 

Slow Fish 2017 (Genova)

Maggio è decisamente il mese del mare, almeno per la Liguria. Dal 18 al 21 maggio torna Slow Fish al Porto Antico di Genova, la manifestazione biennale che mette al centro le risorse ittiche e la salvaguardia dei nostri mari. Ospiti italiani e internazionali, pescatori, produttori, ricercatori, cucine di strada regionali, ma anche dibattiti, seminari e laboratori sul tema di questa edizione, “La rete siamo noi”. Da non perdere i Master of Food, dove dietisti e nutrizionisti cercheranno di fare chiarezza, sfatando i falsi miti riguardanti il pesce, ma anche gli eventi della Cucina dell’Alleanza, un vero e proprio teatro in cui gli attori cucinano e raccontano gli ingredienti. Protagonisti di questa sezione,Pasquale eLuca Tarallo, Danilo Antonio Vasta, Esteban Tapia. Ma non finisce qui, perché fra gli appuntamenti più attesi della manifestazione ci sono le cene ospitate a Palazzo Branca Doria, nel Cavo Ristorante e presso il ristorante Il Marin di Eataly Genova, con Maurizio e Sandro Serva, Giorgio Dal Forno, Corrado Scaglione e Valeria Mosca, Luigi Taglienti,Roy Caceres, Yoji Tokuyoshi,Elvio Milleri, Moreno Cedroni, Mauro Colagreco.

Slow Fish 2017 | Genova | Porto Antico | dal 18 al 21 maggio, dalle 11 alle 23 (domenica fino alle 19) | Ingresso gratuito | www.slowfish.slowfood.it

 

Slow Fish, Genova

 

Sky Wine 2017 (Terracina)

È Terracina la protagonista del primo appuntamento dell’edizione 2017 di Sky Wine, la rassegna enologica itinerante che lega la valorizzazione delle produzioni vinicole alla riscoperta dell'identità dei luoghi. L’appuntamento, dedicato al tema “La riscoperta degli autoctoni”, è previsto dal 13 al 15 maggio per le vie di Terracina e in numerose location storiche del borgo. Tutte le degustazioni dei vini in rassegna saranno accompagnate da spettacoli di intrattenimento che guideranno i visitatori nell'intero percorso. Inoltre, approfondimenti tecnici e degustazioni guidate con appositi convegni, cooking show con piatti tradizionali e abbinati ai vini in rassegna. L'accesso è gratuito per chi non degusta, mentre per coloro che vorranno partecipare ai percorsi di assaggio il costo è di 15 euro.

Sky Wine 2017 | Terracina (LT) | piazza del Municipio | dal 13 al 15 maggio 2017 | ingresso 15 euro | www.skywine.info

 

Un Mare di Gusto - Palamita & Friends (San Vincenzo)

Ed eccoci all'ultimo appuntamento di maggio dedicato al pesce, in questo caso pesce azzurro. Un Mare di Gusto - Palamita & Friends", è un festival al mare dedicato alla cultura del mare e del territorio, che quest’anno ha scelto come tema “Le nostre radici, tra cultura, pesce e verdura". Organizzato dal Comune di San Vincenzo e sotto la direzione artistica di Deborah Corsi, è previsto dal 5 al 7 maggio 2017: l'edizione di quest'anno si focalizzerà sulla la storia e sulle radici, intese sia in senso culturale che vegetale, il tutto legato alla valorizzazione del pesce azzurro. Tanti li eventi della manifestazione: dalla sfida ai fornelli con le giovani promesse della cucina della Costa Toscana ai cooking show con Luciano Zazzeri ed Emanuele Vallini, dai laboratori per i più piccoli, all'atteso Percorso di Gusto in programma domenica 7 maggio.

Un Mare di Gusto - Palamita & Friends | San Vincenzo (LI) | dal 5 al 7 maggio 2017 | www.unmaredigusto.it

 

a cura di Francesca Fiore

La Lombardia in 12 biscotti e la ricetta del biscotto bresciano della pasticceria Garzoni

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Per la 14esima tappa della rubrica sui biscotti regionali italiani andiamo in Lombardia, regione che vanta una lunga tradizione dolciaria e molti scambi gastro-culturali con i territori limitrofi.

Vi raccontiamo 11 specialità tradizionali e la ricetta del biscotto bresciano della pasticceria Garzoni, Due Torte nell’edizione 2017 della guida Pasticceri&Pasticcerie.

 

Amaretti di Saronno

Partiamo da uno dei prodotti più famosi della zona, che è anche un marchio registrato. L’amaretto è un biscotto diffuso in tutto il centro e il nord della nostra penisola, con le dovute varianti di cui abbiamo già parlato nelle puntate sui biscotti piemontesiemiliani e liguri. Quello di Saronno ha una ricetta registrata da una parte della famiglia Lazzaroni, che inventò il biscotto nel 1718, e che ora lo commercializza sotto la denominazione Chiostro di Saronno (dell’azienda Paolo Lazzaroni & Figli). Questa versione è la più semplice fra le tante già presentate: l’amaretto si fa esclusivamente con albumi d’uovo, zucchero e armelline. La particolarità sta invece nella preparazione, che prevede una lievitazione direttamente nel forno.

L’amaretto di Saronno è famoso anche per essere uno fra i pochi biscotti inseriti in altre preparazioni dolci, come le pesche ripiene alla piemontese, il bônet e alcuni tipi di tiramisù. Inoltre, deve la sua fama anche al particolare packaging di carta velina, che viene arrotolata e messa in piedi su un piattino. Leggenda vuole che si debba esprimere un desiderio: se la carta bruciando vola verso l’alto il desiderio sarà esaudito.

 

Amaretto di Saronno

 

Baci di Cremona

Anche la Lombardia ha i suoi baci, così come Piemonte, Liguria ed Emilia Romagna. La ricetta dei bazèen de cremùna è abbastanza simile a quella delle altre regioni (farina, zucchero, burro, nocciole tostate), a differire è invece il “ripieno”, o meglio, la farcia che tiene uniti i due biscotti, che può essere di marmellata o cioccolato fuso.

Iniziate lessando leggermente le mandorle per togliere più facilmente la pellicina che le riveste, poi tostarle in forno per 10-15 minuti. Infine, tritatele insieme allo zucchero e impastatele con la farina e il burro lasciato a temperatura ambiente. Dal composto ricavate delle palline da mettere su una teglia ricoperta da carta da forno, schiacciandole in modo da far venire un lato più piatto. A questo punto si possono infornare a 160 gradi per 10-15 minuti. Una volta freddi, i biscotti saranno uniti a due a due, con marmellata o cioccolata. Se la marmellata è troppo compatta basta scioglierla sul fuoco per qualche minuto con un po’ d’acqua.

Una variante dei baci di Cremona sono i baci del signore, diffusi soprattutto in provincia di Pavia: la ricetta in questo caso comprende fecola di patate e cioccolato, oltre agli ingredienti già citati. Inoltre sono molto più piccoli, vengono farciti con la marmellata di arance e ricoperti per metà dal cioccolato fuso.

 

Biscottini di Prosto

I biscotti tradizionali di Prosto, una frazione del comune di Piuro, in Valchiavenna, sono chiamati in dialetto locale biscotin de Prost. La loro origine risale a più di un secolo fa, quando erano preparati per la festa dell’Assunta, la patrona della comunità. I biscotti venivano cotti nell’unico forno locale, appartenente alla famiglia Del Curto, e offerti a tutta la comunità dai pasticceri.

Gli ingredienti sono farina, zucchero e burro in grandi quantità, un pizzico di sale (nelle ricette moderne si aggiunge un po’ di albume d’uovo per far legare meglio il composto). Si parte setacciando due volte la farina con il pizzico di sale, versandola sulla spianatoia e distribuendo sopra lo zucchero, il burro freddo a cubetti e l’eventuale albume non montato. Si lavora l’impasto con due spatole, si avvolge nella pellicola e si mette in frigo per almeno 1 ora. Trascorso questo tempo, si lavora nuovamente la massa per qualche minuto e si suddivide in strisce di larghe 4 centimetri. Si tagliano le strisce a fette oblique da circa 1-1,5 centimetri. Si infornano a 220 gradi per 10 minuti circa o fino a completa doratura.

 

Biscottini di Prosto

 

Biscotto bresciano

Un biscotto da inzuppo tornato in auge grazie al trend salutista degli ultimi anni. Il biscotto bresciano è un dolcetto molto semplice e leggero, adatto a tutte le diete, che era quasi scomparso fino a qualche anno fa. Dalle parole di Iginio Massari, che lo conosce bene “È uno dei pochi biscotti a dover essere chiamato così di diritto, perché è appunto cotto due volte. Il gusto principale è quello della farina tostata, del pan biscotto antico, con una sfumatura di dolce e una leggera friabilità data dal poco burro che contiene, ma una grande croccantezza data dalla tostatura”. Un dolcetto specchio del territorio, perché “fa parte di quell’insieme di prodotti che l’intelligenza umana è riuscita a far diventare golosi: materia prima povera, ma grande tecnica e manualità. In pratica, l’animo del popolo bresciano”.

Cosa aggiungere dopo questa magistrale descrizione? Gli ingredienti, naturalmente: farina, zucchero, latte, burro (poco), miele, uova, lievito e un liquore tipo Marsala. È questa la ricetta che ci siamo fatti regalare dalla pasticceria Garzoni di Brescia: Albino Garzoni, titolare della storica attività, è stato insignito della medaglia d’oro proprio per la sua opera di tutela e diffusione del biscotto bresciano.

 

Brutti ma buoni di Gavirate

Regione che vai, brutti ma buoni che trovi. Dopo aver parlato di quelli piemontesi, dei liguri e degli emiliani, ecco i brutti ma buoni (o brutti e buoni) lombardi, per la precisione quelli che fanno a Gavirate, in provincia di Varese. Una precisazione: gli abitanti della comunità sostengono che siano proprio questi i biscotti originali, contendendosi questo primato con la città piemontese di Borgomanero.

Le storie locali raccontano che furono creati nel 1878 dall'intuizione di Costantino Veniani, proprietario dell’omonima pasticceria, insieme alla moglie Giuseppina Anderwill. Apprezzati da personaggi del calibro di Giosuè Carducci, Giuseppe Verdi e dalla regina Elena di Savoia, si diffusero in pochi anni in tutto il territorio lombardo, sconfinando anche oltre regione. Per riprodurli a casa occorrono nocciole e mandorle tostate, zucchero, albumi d’uovo e aroma naturale di vaniglia. Esistono anche delle varianti più “moderne”, create dagli eredi dei Veniani, in particolare quelle al cioccolato e alla cannella.

 

Brutti ma buoni di Gavirate

 

Caviadini

Sono i biscotti più tradizionali della Valsassina, un'area della provincia di Como. Diffusi in tutta la regione, hanno una storia che affonda le radici nel lontano 1600 anche se gli abitanti di Barzo ne rivendicarono la paternità solo nel ‘900 ottenendo il marchio d’impresa dal 1965. Questo però non ha per nulla scoraggiato gli altri paesi della Valsassina, che continuano comunque a produrli con piccole varianti, lavorandoli rigorosamente a mano, come emerge dalle differenze estetiche fra un dolcetto e l’altro (“non c’è un caviadino uguale all’altro” sono soliti dire i barziesi). La ricetta originale dei caviadini (o cabiadini), avvicina a quella della pasta frolla, con zucchero, uova, farina e strutto, sostituibile (totalmente o parzialmente) con il burro, un po’ di lievito e un pizzico di sale.

Per prepararli si mescolano zucchero e farina e poi si aggiungono gli altri ingredienti, fino a ottenere una pasta omogenea che deve riposare in frigo per almeno 1 ora. Si stende la massa, ottenendo strisce lunghe 5-6 centimetri e larghe 5 millimetri circa, da tagliare poi in senso obliquo. Si spennellano i dolcetti con l’albume d’uovo e si spolverano con zucchero a velo. Si infornano a 200 gradi per almeno venti minuti.

 

Grissini dolci

Così come un po’ in tutto il centro e al sud troviamo la versione dolce dei taralli, in Lombardia ci sono i grissini dolci, tipici della provincia di Pavia; benché la variante salata sia di origine piemontese, è in questa parte di Lombardia che hanno avuto successo. La loro ricetta vuole farina, zucchero, lievito, burro e un pizzico di sale. Dopo aver amalgamato tutti gli ingredienti e ottenuto una massa liscia e omogenea, bisogna far riposare l’impasto per 20 minuti in frigo (nelle versione originale in cantina). Passato questo lasso di tempo si impasta ancora un poco e si formano dei bastoncini di circa 10-15 centimetri. Si infornano a 180 gradi per 15-20 minuti circa, facendo attenzione a non farli scurire troppo. Sono perfetti per accompagnare le degustazioni dei vini da fine pasto dell’Oltrepò.

 

Grissini dolci

 

Mostazzit

Una versione locale dei mostaccioli, presenti in diverse aree d'Italia, qui nella variante tipica del varesotto e del ticinese. La loro diffusione in Lombardia risale al 1500 circa, quando il cuoco Bartolomeo Scappi li identificava con il nome di morselletti, cioè piccoli morsi, bocconcini. Anche in questo caso, la ricetta originale prevedeva il mosto cotto, ingrediente usato per dolcificare e caduto in disuso negli anni: nella versione attuale troviamo infatti solo farina, acqua, zucchero, spezie come cannella e chiodi di garofano, scorza d’arancia e limone. In alcune varianti locali ci sono anche il miele e i cedri canditi.

Il procedimento è molto semplice: vi consigliamo di setacciare bene la farina e poi di impastarla con lo zucchero, gli aromi e le spezie, aggiungendo acqua man mano, evitando di far diventare la massa troppo soda. Quando l'impasto è pronto, si stende in una sfoglia alta 2 centimetri si tagliano dei biscottini a forma di rombo o triangolo. Infine, si infornano a 160 gradi per 15 minuti.

Una tipologia altrettanto diffusa di questa specialità sono i mostaccini delle monache, preparata dalle suore romite del Sacro Monte di Varese, ricetta che prevede l’aggiunta di cioccolato, come nel caso dei mostaccioli campani.

 

Offelle di Parona

Biscotti dalla forma ovale tipici della Lomellina e, in particolare, della zona di Parona, in provincia di Pavia. A inventarli furono due sorelle, Pasqualina e Lilin Colli, all’inizio del XIX secolo: considerati molto preziosi, non venivano venduti a peso ma a numero. Fu però solo nel 1969 che divennero famosi, grazie alla prima edizione della sagra a loro dedicata che da allora si ripete ogni anno la prima domenica di ottobre.

Sono solo 3 i produttori ufficiali, autorizzati con il marchio di garanzia dalla Pro Loco di Parona, anche se nel corso degli anni sono state create diverse varianti, che arricchiscono la ricetta base (farina, burro, zucchero, uova, olio d’oliva e un po’ di lievito) con l’aggiunta di cioccolato, di aromi d’agrumi o, nella tipologia più particolare, di strutto d’oca. L’unica variante formalmente riconosciuta è però quella delle sartiane: una specialità che si discosta dalle offelle per la forma, che riproduce quella delle rane. È questo il motivo per cui questi biscottini si gustano durante la tradizionale sagra della rana di Sartirana Lomellina.

 

 

Offelle di Parona

 

Pazientini

Dolcetti simili, nell’aspetto, alle lingue di gatto piemontesi, originari della provincia di Pavia e tipici del periodo della Quaresima, quando erano vietati i banchetti golosi e le scorpacciate di dolci. Qualche biscotto dalla ricetta semplice, però, è sempre stato ammesso, per rallegrare almeno un po’ il lungo digiuno pre pasquale. È il caso dei pazientini, il cui nome evoca l'attesa e la penitenza.

Per creare questi dolcetti vi occorrono farina, zucchero, albumi d’uovo, burro a temperatura ambiente, lievito e un pizzico di sale. Si inizia sbattendo gli albumi senza montarli e incorporando poco per volta tutti gli altri ingredienti, lasciando per ultimo il lievito. L’impasto dovrà risultare piuttosto liquido e sarà messo sulla placca da forno con l’aiuto di un cucchiaio, a formare tante piccole gocce ben distanziate fra loro, da cuocere a 160 gradi per 15 minuti circa.

 

Pazientini

 

Ricciolini mantovani

Una cucina ricca, quella mantovana, che prevede tantissime preparazioni dolci, fra cui questi biscotti preparati con un mix di farina bianca e farina di mais. La ricetta è semplice, ma per realizzarla a casa è indispensabile avere un liquore locale a base di anice e spezie miste, il Sassolino. Alcune varianti prevedono il vino bianco al suo posto, ma se provate a chiedere a un mantovano, vi risponderà che i ricciolini senza Sassolino sono semplicemente “altri” biscotti. Reperito il Sassolino, disponibile anche su diversi e-commerce, potrete cimentarvi nella riproduzione di questi biscotti con farina di mais e bianca, uova, liquore, burro ammorbidito, zucchero, lievito, scorza di limone. Per prima cosa, dovete mescolare bene le due farine, setacciandole, poi aggiungete gli altri ingredienti. Stendete una sfoglia alta circa 1 centimetro e da questa si ricavate dei biscottini: le forme sono diverse, solitamente a fiore, stella o cuore. Infine infornate a 180 gradi per 15-20 minuti circa. Una volta freddi si cospargono di zucchero a velo prima di servirli.

 

Ricetta del biscotto bresciano della pasticceria Garzoni di Brescia

 

Ingredienti

1 kg di farina

330 g di latte

200 g di zucchero

150 g di burro

40 g di Marsala

30 g di bicarbonato d'ammonio

15 g di tuorlo d’uovo

8 g di latte in polvere

8 g di malto

7 g di sale

aromi q.b

 

procedimento

Bollire il latte con il burro e lo zucchero. Quindi aggiungere il latte in polvere, il malto e il bicarbonato d'ammonio. Mescolare bene e aggiungere anche il tuorlo d’uovo, il Marsala, gli aromi, il pizzico di sale e solo alla fine la farina, poco per volta. Stendere una sfoglia alta 1 o 2 centimetri e ricavarne dei biscottini rettangolari, senza badare troppo alla perfezione della forma. Cuocere a 200 gradi per 12 minuti circa. Successivamente far tostare a 160 gradi per altri 7-8 minuti. Far raffreddare i biscotti e servire.

 

 

a cura di Francesca Fiore

 

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Spazio agli agricoltori. A Roma, due festival all'insegna del cibo agricolo e del vino naturale

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Due eventi nella Capitale per celebrare il lavoro degli agricoltori: il 1 maggio è la volta di Terra e Musica, festival dei mercati contadini, mentre il 13 e 14 maggio arrivano i vignaioli naturali per una due giorni di degustazioni e confronti.

Gli eventi

Prodotti contadini a filiera corta, musica dal vivo, degustazioni, attività per bambini. Il 1 maggio romano all'Ippodromo Capannelle è all'insegna del gusto del cibo agricolo, in segno di solidarietà con i lavoratori della terra e i mercati contadini della città. Un messaggio sempre più frequentemente al centro dell'attenzione delle fiere e manifestazioni del settore, sia in campo gastronomico che vinicolo. Continuano a crescere, infatti, i festival volti a valorizzare il lavoro degli agricoltori e il loro legame con il territorio, nel rispetto della natura e dell'ambiente che li circonda. Nel weekend del 13 e 14 maggio, arriva nella Capitale un altro evento dedicato ai produttori naturali, in questo caso i vignaioli. È il Mercato dei Vini, festival già collaudato a Piacenza che si propone di riunire i vignaioli indipendenti per un fine settimana all'insegna del gusto e della condivisione.

Terra e Musica

Si chiama Terra e Musica e rappresenta la festa del 1 maggio contadino a Roma, organizzata dal Mercato Contadino Castelli Romani, un pic nic che raduna tutti gli appassionati del gusto della Città Eterna. “Porta il telo e al resto pensiamo noi” è l'invito all'evento: i contadini diventano chef per un giorno e, per l'occasione, offrono al pubblico cibo da strada di qualità, da gustare comodamente seduti sul più grande prato verde capitolino. Carciofi alla matticella, prelibatezze alla piastra, mozzarelle fresche, l'immancabile abbinamento fave e pecorino e tanto altro cibo di fattoria, accompagnato da una selezione di birre artigianali scelte da Fustock birreria. Ma ci saranno anche l'orto botanico Università di Tor Vergata, Greenpeace, Libera, Medici senza frontiere, Legambiente, Mondi possibili, Emergency, ActionAid, Cerealia Festival dei cereali, Rete Economia Solidale Ciociaria, Progetto Graf e tante altre istituzioni e associazioni del territorio che sostengono questo progetto. Unite per difendere la centralità della tematica del cibo come presidio per la tutela dell'ambiente e la promozione dell'economia locale. “Tutto ciò che mangi ha una conseguenza”: questo lo slogan dell'evento, preso in prestito dal film indipendente di ThomasTorelliFood Relovution, a sottolineare l'importanza delle nostre scelte alimentari. Spazio poi anche alla musica, con artisti che da tempo operano in sinergia col mercato contadino.

Mercato dei Vini

Oltre 200 vignaioli aderenti alla FIVI, Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti, riuniti per una due giorni all'insegna del vino prodotto secondo natura: il 13 e 14 maggio al Salone delle Fontane dell'Eur, vignaioli da tutte le regioni d'Italia saranno protagonisti del Mercato dei Vini di Roma. Un banco di assaggio ma ancor prima, come spiega il titolo dell'evento, un mercato a tutti gli effetti, dove i consumatori potranno confrontarsi direttamente con i produttori, condividere idee e scambiare opinioni in un dialogo aperto e reciproco. Non mancheranno, naturalmente, gli assaggi, le degustazioni guidate e i laboratori. Un format già rodato a Piacenza, dove ha raccolto l'entusiasmo del pubblico, e che ora si propone di coinvolgere anche i vignaioli meridionali e tutti gli appassionati del Sud Italia.

Terra e Musica | Roma | via Appia Nuova, 1255 | 1 maggio 2017 | www.facebook.com/events/418013838550444/

Mercato dei Vini | Roma | via Ciro il Grande, 10/12 | 13 – 14 maggio 2017 | www.fivi.it/mercato-dei-vini-arriva-roma/

a cura di Michela Becchi

SnapFood: l'app per condividere le proprie esperienze culinarie

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Raccontare i pasti, gli assaggi, le degustazioni e le diverse esperienze gastronomiche è ormai una moda che impazza da tempo sul web. Ora esiste una app specifica per poter condividere le proprie opinioni e creare così una classifica dei migliori piatti proposti dai ristoranti. 

Mangiare ai tempi dei social network

Scatta, assaggia, condividi. Tre semplici regole che sono entrate già da tempo a pieno ritmo nella vita di tutti gli appassionati gastronomi. Quella di pubblicare sui vari social network, blog e pagine web le foto delle esperienze culinarie più interessanti sembra ormai essere diventata un'esigenza imprescindibile per tutti coloro che amano sperimentare nuovi locali. Istantanee di croissant e cappuccini dell'ultima boulangerie aperta in città, immagini di taglieri e calici di bollicine durante la pausa aperitivo, foto di piatti d'autore di un menu degustazione del ristorante stellato di turno. Con tag, commenti, recensioni: sono le nuove e più moderne forme di passaparola digitale, sistemi immediati e veloci per scambiarsi idee e opinioni sulle insegne più o meno valide presenti in città. Creando così una rete di consumatori interessati all'universo del cibo in costante ricerca dei piatti migliori.

 

L'applicazione

Facebook, Twitter e soprattutto Instagram, il social network che consente di condividere immagini in tempo reale: sono queste le piattaforme più utilizzate, specialmente dai giovani, per mostrare cene, ricette e fornire consigli a tutti gli instancabili golosi. Ma esistono anche applicazioni per smartphone pensate appositamente per stilare un elenco degli indirizzi più gustosi delle varie località, come Food Spotting, Tastd e molte altre. Ora, un nuovo nome si aggiunge alla lista: è SnapFood, app nata dalla volontà della digital agency Glooxy Plus con sede a Malta e disponibile per Ios e Android. Con SnapFood si possono condividere le proprie esperienze gastronomiche positive, entrando a far parte della community della piattaforma e inserendosi così all'interno di un circuito a tutti gli effetti in grado di classificare i ristoranti. L'app è gratuita e si propone di creare una sorta di sfida fotografica fra gli utenti: per tutti i gastronomi della community sono previsti infatti bonus, trofei da sbloccare, concorsi, eventi. Un sistema che permette, dunque, non solo di scoprire i piatti più buoni nelle immediate vicinanze, ma anche di conoscere altre persone con la stessa passione per il cibo e scambiarsi pareri e giudizi. Per trovare le pietanze più gustose, si possono utilizzare una serie di filtri studiati dai creatori dell'app, che suddividono la ricerca a seconda della zona, tipologia di cucina, fascia di prezzo e tipo di piatto. Un modo originale e divertente per scoprire nuove insegne, in Italia e all'estero.

www.snapfood.com/

 

a cura di Michela Becchi

 

 

 

Le ricette di Nonna Marisa. La pagina Facebook di una 86enne che fa sorridere il web

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Dopo le scosse di terremoto, del gennaio scorso, si è trasferita da Rieti a Roma, dove vivono figli e nipoti. E per passare il tempo ha iniziato a registrare dei video con le Ricette di Nonna Marisa.

Classe 1931, originaria di Roma, vive da tanti anni in provincia di Rieti. Però omette il paese Nonna Marisa: “Preferisco non dirvelo, non si sa mai, vivo da sola.”. Come darle torto. E come non stupirsi del fatto che alla veneranda età di 86 anni viva ancora da sola, in un paesino di poche anime abbarbicato su un colle (a onor di cronaca: questo lo abbiamo dedotto).

La storia

Maria Luisa, per tutti Marisa, è nata a Roma ma si è trasferita nel reatino quando era ancora una bambina, “mio papà faceva il ferroviere, quindi ci si spostava in base alle sue esigenze”. Ed è proprio in uno dei paesi in cui ha vissuto con la famiglia che conosce il futuro marito. “Luigi ed io ci siamo sposati che non eravamo proprio giovanissimi! Era il 20 ottobre del '57. Con lui mi sono data alla vita da contadina: sveglia presto e subito dietro ai fornelli per preparare la colazione, poi a mungere le vacche, per vendere il latte nel piccolo negozio di proprietà, dove ci scappava anche qualche uova delle nostre galline”. Con Luigi c'è rimasta una vita intera, Marisa, fino a un anno e mezzo fa, quando l'uomo è venuto a mancare. “I miei figli e i miei nipoti, che vivono a Roma, hanno insistito tanto affinché mi trasferissi a casa loro. Io non me la sono sentita, volevo stare nel mio paese, nella mia casa, con i nostri ricordi”. Probabilmente ricordi di giornate lunghe, intense, faticose, ma ricche di condivisione con gli altri. È la vita di paese. Che si è letteralmente fermata con le scosse di terremoto, che hanno colpito la provincia di Rieti il gennaio scorso. “In quei momenti ho avuto paura, forse per la prima volta in vita in mia, allora ho deciso di trasferirmi momentaneamente a Roma”. Una volta arrivata nella Capitale, le giornate di Marisa passavano tristi, così la nipote Eleonora Rinaldi ha cominciato a riprenderla mentre spignattava e raccontava le sue ricette. Ne sono nati una pagina Facebook, un canale YouTube e un account Instagram. Pochi numeri, per carità, ricette semplici, ma tanta tanta genuinità. E tenerezza. Oggi Marisa è ritornata “a paese” ma ogni giorno domanda alla nipote come stanno andando le sue ricette nel web.
 


Come anticipato, le ricette sono molto semplici e, a volte, utilizzano ingredienti abbastanza criticabili, come per esempio il dado. E non c'è stato verso di farglielo sostituire: a detta della nipote “in cucina comanda lei”. Per noi rappresenta però uno spunto per fare una riflessione sulle abitudini delle nostre nonne, che erroneamente si pensa siano, per partito preso, sempre più sane e genuine delle attuali. Eppure non facciamo i conti con il retaggio del dopoguerra, l'era del baby boom e della comodità. Gli anni in cui gli specialisti della trasformazione alimentare svilupparono un gran numero di metodi per coltivare, incrementare, precuocere, conservare e imballare i cibi. Si legge in Storia dell'alimentazione a cura di Jean-Louis Flandrin e Massimo Montanari: “Dal 1949 al 1959 i chimici presentarono più di 400 nuovi additivi per permettere agli alimenti di resistere ai nuovi procedimenti”. Furono delle innovazioni che non lasciarono indifferenti i consumatori, specie la casalinga che scopriva per la prima volta una bustina che magicamente rendeva frizzante l'acqua del rubinetto o un piccolo cubetto, già pronto all'uso, capace di regalare istantaneamente sapidità e umami alle pietanze. Alzi la mano chi non lo ha mai visto nella dispensa di nonna.

 

www.facebook.com/lericettedinonnamarisa

 

a cura di Annalisa Zordan

 

Goldman Prize 2017. Il Nobel per l'ecologia premia i contadini coraggiosi: riconoscimenti in Guatemala e Slovenia

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Due storie di impegno per rivendicare il diritto alla terra e all'agricoltura, due battaglie estenuanti contro istituzioni e multinazionali, due agricoltori divisi da un oceano e migliaia di chilometri di distanza. A Rodrigo Tot e Uros Macerl il Nobel per l'ecologia 2017. Chi sono. 

Ufficialmente si chiama Goldman Environmental Prize, uno dei più prestigiosi riconoscimenti inerenti tematiche ambientali, ma per tutti è di fatto il Nobel dell'ecologia. Ogni anno, dal 1990, il premio riconosce l'impegno degli attivisti ambientali più meritevoli. Ma spesso i riflettori si appuntano su personalità inaspettate, di insospettabile estrazione sociale, valorizzate proprio per il carisma e la tenacia che sanno dimostrare in condizioni difficili, davanti alla forza di multinazionali e alla corruzione di amministratori locali. Nel 2016, per esempio, il premio era finito in Perù, illuminando la battaglia della contadina andina Maxima Acuna, impegnata a rivendicare il diritto alla terra e all'agricoltura contro gli interessi di una potente compagnia mineraria. E non molto distante – per orizzonti geografici e similitudini socio-economiche – è la storia di Rodrigo Tot, appena insignito del Nobel 2017 in occasione della cerimonia andata in scena a San Francisco.

 

Rodrigo Tot. Il contadino maya contro le compagnie minerarie

Il contadino guatemalteco appartiene alla comunità maya Q'eqchi, che abita le montagne di El Estor nel distretto di Izabal a 300 chilometri di distanza dalla capitale Città del Guatemala. Qui, da più di un trentennio (oggi di anni ne ha 59), Rodrigo porta avanti le rivendicazioni di una sessantina di campesinos che hanno subìto l'esproprio di terre e proprietà per agevolare gli interessi commerciali di diverse imprese minerarie che nella zona si riforniscono di oro e nichel. Pagando a caro prezzo il suo impegno: nel 2012, uno dei suoi quattro figli è rimasto ucciso durante un agguato intimidatorio, tragica conclusione per nulla inedita in molti Paesi del Sudamerica, dove le battaglie di tanti attivisti finiscono nel sangue. Oggi la lotta di Rodrigo e della sua comunità continua – nel 2001 la Corte Costituzionale gli ha riconosciuto il diritto di proprietà, ma il governo ancora tergiversa nell'applicare la sentenza -  e il campesino ben rappresenta la realtà di tante comunità agricole locali che spesso si vedono negare il diritto alla terra.

 

Uros Macerl. La battaglia (vinta) contro il cementificio

Ma pure non troppo lontano dal confine italiano, quello nord-est che separa la Penisola dalla Slovenia, il Goldman arriva a premiare la costanza di Uros Macerl, agricoltore biologico e allevatore della regione di Trbovlje, Slovenia Centrale. La fattoria di famiglia, che un tempo apparteneva a suo nonno, risente dell'inquinamento industriale di un cementificio alimentato a coke petrolifero, che ha compromesso la qualità di aria, suolo e acqua. Dal 2009 al 2015 l'uomo ha intrapreso contando solo sulle proprie forze una battaglia legale contro le istituzioni, che all'azienda avevano concesso l'autorizzazione di incenerire rifiuti industriali pericolosi. E solo l'intervento della Corte di giustizia europea, sollecitata dalla costanza dell'agricoltore, ha determinato la vittoria di Macerl, richiamando la Slovenia alle proprie responsabilità, nel rispetto degli standard comunitari sui parametri inquinanti. Tutto il mondo è paese, e l'impegno dell'agricoltura virtuosa può contribuire a salvarlo.

 

a cura di Livia Montagnoli

Il Rum è Servito. Ultimi appuntamenti con Ron Zacapa: a Lecce con i Bros, poi Bolzano al Parkhotel Laurin

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Due cene inedite dedicate al rum guatemalteco, proposto in abbinamento con i piatti ideati da grandi chef. L’8 maggio la rassegna promossa da Ron Zacapa in collaborazione con Gambero Rosso fa tappa a Lecce; il 10 si chiude a Bolzano, alla tavola del Laurin. I menu delle serate. 

Si avvia verso la conclusione la quinta edizione de Il Rum è Servito, l’iniziativa itinerante che da qualche anno porta in giro per l’Italia il gusto di Ron Zacapa e la cultura del rum, ospite delle migliori tavole d’Italia. Insieme a Gambero Rosso, la celebre azienda di rum guatemalteco propone un’inedita esperienza all’insegna dell’abbinamento a tutto pasto, per concordanza o contrasto tra i piatti ideati da grandi chef e le tre varianti della gamma Zacapa protagoniste dell’iniziativa. Al termine di una lunga stagione di appuntamenti, entro la fine di maggio la rassegna offrirà ancora due occasioni per vivere una serata nel nome di un’accoglienza rilassata e della cucina d’autore di promettenti insegne della ristorazione italiana. L’8 maggio Zacapa fa tappa a Lecce, dove saranno i Bros, Floriano Giovanni Pellegrino, a cimentarsi con la sfida dell’insolito abbinamento sulla tavola di uno dei ristoranti emergenti più chiacchierati d’Italia. Alla giovanissima squadra di via Acaja, nel cuore della città salentina, il compito di condurre il gioco con la personalità che contraddistingue una cucina che è frutto di tante esperienze in giro per il mondo, come di un grande rispetto per il territorio, i suoi prodotti e le tradizioni locali:

 

Indivia, mandorla, bergamotto

Zacapa 23 yo

 

Linguina, pistacchio, colatura

Zacapa 23 yo

 

Sangunazzu royal

Zacapa Edicion Negra

 

Tarte al cioccolato, caramello, mandorla

Zacapa XO

Sangunazzu Royal, Bros. Ph Brambilla-Serrani

Solo due giorni dopo, il 10 maggio, si risale la Penisola alla volta di Bolzano, dove ancora una volta Il Rum è Servito approda alla tavola del Parkhotel Laurin, per sperimentare la cucina di Manuel Astuto, bolzanino con origini siciliane, da sette anni alla guida della brigata di uno dei più celebri hotel del capoluogo altoatesino. Questo il menu proposto per la serata Zacapa agli ospiti della manifestazione:

 

Come una Parmigiana di melanzane

Zacapa 23 yo

 

Ravioli di patate ripieni con fonduta

al parmigiano e tartufo nero

Zacapa Edicion Negra

 

Guancia di vitello brasata , purea di patate e carote baby

Zacapa Edicion Negra

 

Creme Brulee al Tabacco

Zacapa X.O.

Prenotazioni dirette al recapito dei ristoranti.

 

Bros | Lecce | via Acaja, 2 | l’8 maggio | tel. 0832 092601 | www.brosrestaurant.it

Parkhotel Laurin | Bolzano | via Laurino, 4 | il 10 maggio | tel. 0471 311000 | www.laurin.it


Pane al ristorante. Ecco come sta cambiando

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Che pane mangiamo al ristorante? L’abbiamo chiesto ai diretti interessati inviando un questionario a oltre 500 locali. Risultato? C’è di tutto. Da quello congelato a quello fatto in casa, da quello acquistato dal panificatore di fiducia al pane assoluto, presentato come una portata vera e propria.

Il consumo

Ottantacinque grammi al giorno, poco più o poco meno per ognuno. I dati parlano chiaro: il consumo di pane in Italia negli ultimi 10 anni si è più che dimezzato. Lontani gli slogan come “pane e alfabeto”, oggi si fa fatica a definirlo bene primario e a valutarne la correttezza del prezzo, con ripercussioni sul resto dell'economia che gira intorno a questo alimento, dai campi ai mulini. Eppure sembra che al ristorante ci si lasci andare più facilmente al gusto di sgranocchiare un grissino prima dell'antipasto o alla scarpetta. E, proprio ora che di farine e impasti si parla ogni giorno, anche cuochi e ristoratori ripensano il pane in tavola. Chi con l'obiettivo di confezionare un cestino goloso, chi allargando la propria idea di cibo sano e di filiera alla panificazione, chi attribuendogli la giusta dignità con il supporto e la consulenza di veri professionisti.

Ad alcuni piace portare una pagnotta fumante, appena sfornata, da mangiare nel tempo dell'appetizer, magari tolta poco prima che si raffreddi e che il sapore tipico di un prodotto decongelato emerga inesorabilmente. Superati (ma non del tutto) i cestini del pane multicolor e dalle aromatizzazioni più disparate, la tendenza oggi sembra questa: offrire ai clienti il pane caldo, talvolta congelato e rinvenuto al momento. Eppure di strada se ne sta facendo e finalmente ricerca e sperimentazione si allargano anche a pane e farine.

Falsi allarmi, leggende metropolitane e nuove prospettive

Si consuma meno pane. Non solo: da un'indagine che Italmopa (Associazione Industriali Mugnai d'Italia) ha commissionato a Doxa, su un campione di 1.000 persone emerge che il 63% degli intervistati percepisce come pericoloso il grano che arriva dall'estero, il 47% è convinto che eliminare o ridurre prodotti contenenti glutine, anche per chi non è celiaco o intollerante, sia vantaggioso per la salute. Approssimazione, scarsa informazione e completa mancanza di responsabilità dei comunicatori e degli organismi non ufficiali di informazione, il 42% degli intervistati per scegliere quali alimenti consumare si affida ai programmi televisivi: serve una comunicazione esaustiva, completa e responsabile.

Serve anche un cambio di prospettiva. Il 2016 è stato un anno nero per il grano e per il latte il cui mercato ha subito un tracollo che lascia poche speranze di risalite dei prezzi. Roberto Rubino, tra i massimi esperti internazionali di latte e altri prodotti alimentari, non ha dubbi: latte e grano sono compagni di crisi e necessitano di soluzioni simili. Per risollevarne le sorti serve una nuova classificazione dei prodotti che consideri un fattore determinante l'alimentazione dell'animale per l'uno e quel che accade nel campo per l'altro. Si dimentichino W, proteine, glutine e raffinazione. “Parto da una teoria universale semplice: le leggi della natura sono uguali per tutti, dal vino ai formaggi, dalla frutta agli ortaggi”. Se per aumentarne la qualità e quindi le proprietà organolettiche di vino e formaggi occorre abbassarne la produzione, lo stesso va fatto per il grano. Ricominciando con metodi di coltivazione e molitura che ne preservino aromi, profumi e proprietà nutritive. E di forza, proteine e tutti gli altri valori tecnologici? “È la cultura dominante e si deve lavorare per cambiarla. Siamo arrivati al paradosso per cui chi fa qualità, per come la intendiamo noi, o la fa senza riconoscimento o la fa per sbaglio! Occorre cambiare i parametri che determinano il prezzo del grano: abbassare le produzioni ma alzarne il prezzo almeno di tre volte”. L'Italia continuerà a importare grano dall'estero: un danno per la nostra sicurezza alimentare? “Chi ne è convinto persegue un’inutile e insensata caccia allo straniero”.

 

Il pane nei ristoranti

Abbiamo posto a circa 500 ristoranti (i Due e Tre Forchette e Tre Gamberi nella guida Ristoranti d’Italia 2017) alcune domande per capire come concepiscono il pane a tavola: dalle materie prime, agli spazi dedicati e agli addetti alla produzione, senza tralasciare costi e riflessioni a margine.

Partiamo da cosa arriva in tavola. Dalle 3 alle 13 tipologie diverse fatte in casa (filone di segale con cipolla e fichi, panini alla curcuma, alle noci e alle olive, panbrioche, focacce, grissini e sfoglie) nei ristoranti di albergo. Molte meno nei ristoranti di livello medio/alto e nelle grandi trattorie italiane.

C'è chi, come Ai Cacciatori di Cavasso Nuovo (PN) acquista il filone grande cotto nel forno a legna dal bravo panificatore di zona, contribuendo a preservare artigianato e tradizione locale. A El Coq di Vicenza Lorenzo Cogo produce un solo tipo di pane, in pezzi interi da 1 kg, con lievito madre di 63 anni, tramandato da generazioni. Alla Pergola del Rome Cavalieri, Heinz Beck ha fatto una scelta precisa: produrre tipologie di pane che giochino su consistenze, lievitazioni e tipologie di grano differenti, all'insegna della salute e del benessere. Dal pane bianco alla ciabatta di semola con sesamo, dal pane integrale ai semi a lievitazione naturale alla pizza bianca, quest'ultima con acqua di pomodoro, che conferisce sapidità senza aggiungere sale e ha spiccate proprietà nutritive.

Al Reale di Casadonna, Castel di Sangro (AQ), l’attività di panificazione (cui è dedicato un laboratorio ad hoc) ha sempre rivestito un ruolo fondamentale. “Da un lungo lavoro di ricerca sulle farine e sugli impasti è scaturita l’idea di produrre un pane 'assoluto'. Oggi rappresenta una portata a sé nel percorso di degustazione: arriva in tavola sotto forma di pagnotta intera, ancora calda, con l'invito ad assaporarla in purezza, senza condimenti, lentamente. Tutto è studiato: la proporzione tra crosta e mollica, la nota tostata della prima, l'umidità e la leggera acidità della seconda, e la digeribilità per cui giocano un ruolo cruciale la scelta delle farine, la qualità del lievito madre e la curva di lievitazione”, racconta lo chef Niko Romito (il responsabile della panificazione al Reale è Dino Como, ndr).

Cuochi e ristoratori il pane preferiscono farlo in casa, per questioni pratiche, commerciali, o per pura soddisfazione. A panificare, nella maggior parte dei casi, ci pensa il pasticcere supervisionato dallo chef. In pochi si avvalgono della consulenza di un panificatore professionista, in pochissimi hanno un addetto esclusivamente alla panificazione, si contano sul palmo di una mano i ristoranti con uno spazio dedicato, con celle di lievitazione, forni e ambiente a temperatura e umidità controllati. Tra questi il D'O di Davide Oldani, a Cornaredo (MI), che nella sua nuova sede ha una camera con la climatizzazione adeguata, dove si conserva la farina e si realizzano gli impasti. Poi una camera di lievitazione, che assicura una temperatura costante nella fase di fermentazione naturale, che dura dalle 10 alle 12 ore.

 

Le farine

Sulla scelta delle materie prime si comprende realmente a che punto sia la conoscenza e la ricerca dei cuochi italiani su grano e derivati. C'è chi usa “farina integrale e semintegrale ricca di manitoba solo ed esclusivamente da grani italiani” (peccato che la manitoba non sia un grano italiano bensì canadese, ndr), mentre un ristorante ligure dichiara di non poter reperire farine nella propria regione, “perché in Liguria grano non se ne coltiva” (in realtà si registra un'interessante attività di recupero di grani autoctoni come il grano di Rocchetta di Vara, e vicino a Portofino c'è l'area chiamata la Valli dei Mulini, con mulini ad acqua, alcuni ancora attivi, impiegati soprattutto per la farina di castagne ma che slavorano ancheil grano). Affermazioni che evidenziano scarsa informazione.

 

In molti (noi pensavamo accadesse solo tra le pizzerie) sono così legati e “indottrinati” da medi e grandi mulini italiani che nello spiegare le proprie scelte sulle farine si limitano a indicare numeri e colori legati a marchi, difficilmente decifrabili dai non addetti ai lavori. Qualcuno (pochissimi) non esita a dichiarare che cerca semplicemente il prezzo più basso.

Fortunatamente cresce il numero di professionisti che si concentra sulla provenienza del grano, sul metodo di coltivazione e di molitura. Che, oltre alla forza e ad altre caratteristiche tecniche, ne ricerca profumi, sapori e proprietà nutritive. Il territorio, ben setacciato e valorizzato, si esprime anche nel pane. Importanti segnali arrivano soprattutto da Piemonte e Sicilia. Qui trovano spazio piccoli e medi mulini con varietà autoctone dalle proprietà organolettiche uniche, come tumminia e perciasacchi, che – per esempio - si ritrovano lavorate come si deve alle tavole di Ludovico De Vivo, del Capofaro Malvasia Resort di Salina (ME), e di Accursio Craparo, dell'Accursio Ristorante a Modica (RG), che ribadisce l'importanza del simbolo spirituale del pane in tavola.

 

Prezzi & costi

Sul prezzo delle farine si trova un ventaglio comune: dai 0.70 a 4 euro al kg per il grano tenero, da 1.50 a 7 euro per il grano duro. Il prezzo del pane, invece? È compreso nel coperto, si paga a parte o è incluso nel prezzo dei piatti? Di solito non si paga, perché nonostante i clienti ne mangino molto (in media il refill del cestino del pane avviene dalle due alle tre volte a pasto) sul conto proprio non lo vogliono vedere. Il costo, consistente, si spalma sul prezzo complessivo dei piatti. Il dibattito è aperto e per restituire dignità e valore a questo alimento si potrebbe partire da qui.

pane

Degustazione e abbinamenti

Contaminazione, tecnica e un grande, grandissimo pane, esaltato nel valore simbolico e nel ruolo in tavola. Roy Caceres,del ristorante Metamorfosi di Roma, ci ha pensato sin dall'inizio: scelta delle materie prime, spazio e personale dedicato. “All’arrivo dei nostri ospiti serviamo 'streghette' all'olio extravergine e sale di Cervia. Dopo, con l’amuse bouche, arriva la nostra pagnotta ai semi, realizzata con farine siciliane macinate a pietra e accompagnata con 'burrolio' da spalmare. In seguito, nel cestino viene offerto un pane casereccio di grano duro siciliano (biancolilla) macinato a pietra; serviamo anche un pane di segale con pere e noci tostate e per finire una ciabatta con finocchietto e scorza d'arancia”. Un giro del mondo, tra tecniche e suggestioni, accompagnato con un grande pane, che sa confortare, esaltare e arricchire l'esperienza. E che è sano e allo stesso livello del resto.

Lina Martone ha scelto l'Irpinia per raccontare la sua idea di cucina, per valorizzare il territorio e tutto ciò che regala, di stagione in stagione. E il pane non poteva restarne fuori: solo farine di qualità selezionate con cura e competenza dai piccoli mulini locali e ingredienti che non sfuggono ai valori sacri del Megaron: tempo e spazio come natura comanda. La cuoca abbina pane realizzato con lievito madre in pezzature da almeno 1 kg ai piatti, lasciando al cliente la possibilità di portare in casa quello che non consuma a ristorante. Perché il pane vale. Il pane alla zucca accompagna una zuppa di porcini con zucca gialla e castagne; un filone al tartufo con farina macinata a pietra si abbina a patata viola con stracciata di Montella a latte crudo, olio di ravece con tartufo di Bagnoli. Il piatto delle sette verdure arriva con pane di farina di grano duro, pomodori secchi e broccolo aprilatico di Paternopoli.

 

Ai Cacciatori | Cavasso Nuovo (PN) | via A. Diaz, 4| tel. 0427 777800|

El Coq e Caffè Garibaldi | Vicenza | piazza dei Signori, 1 | dal 19 luglio (solo il gourmet) | per info e prenotazioni tel. 0444 330681 | www.elcoq.com

La Pergola | Roma | Rome Cavalieri, Waldorf Astoria Hotels & Resorts | via Alberto Cadlolo, 101 | tel. 06.35092152 | www.romecavalieri.it/lapergola.php

Reale | Castel Di Sangro (AQ) | piana Santa Liberata | tel. 0864 69382 |www.ristorantereale.it

D'O | San Pietro all'Olmo, Cornaredo (MI) | piazza della Chiesa | tel. 02 9362209 | dal 14 giugno | www.cucinapop.do

Capofaro Malvasia Resort | Salina (ME) | Comune di Malfa | via Faro, 3| tel. 090 984 4330| http://capofaro.it/it/

Accursio Ristorante | Modica (RG) | Via Clemente Grimaldi, 414| tel. 0932 941689| http://www.accursioristorante.it/

Metamorfosi | Roma | via G. Antonelli, 30 | tel. 06 807 6839| http://www.metamorfosiroma.it/

Megaron | Paternopoli (AV) | via Neviera, 13 | tel. 0827 71588 | www.ilmegaron.it

 

 

a cura di Sara Bonamini

foto di Andrea Di Lorenzzo

 

 

Educazione alimentare e dieta sana. Obama parla a Milano, negli Usa Trump cancella le linee guida per le mense

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Contrordine dell'amministrazione Trump in materia di educazione alimentare e regole antiobesità infantile: niente più restrizioni su sodio e grassi per le scuole americane. La campagna sostenuta da Obama e sua moglie Michelle rischia di essere invalidata, mentre l'ex presidente arriva a Milano per parlarne. 

Obama a Milano. Col suo chef-consigliere

Il volo privato fino a Linate Prime, domenica prossima, 8 maggio. Poi il trasferimento al Park Hyatt, hotel 5 stelle che accoglierà Barack Obama in vista dell'appuntamento per il pomeriggio di lunedì 9, quando l'ex presidente degli Stati Uniti salirà sul palco di Seeds&Chips, il summit sulla Global Food Innovation di scena alla Fiera di Rho, dall'8 all'11 del mese. Un'edizione importante per la quattro giorni di conferenze ideata da Marco Gualtieri, che quest'anno fa il punto su  nuove tecniche di produzione alimentare, nutrizione del futuro, food security e diritto al cibo, sano, sostenibile e accessibile a tutti, coinvolgendo più di 200 speaker internazionali, investitori e policy maker. Con tanti ospiti d'eccellenza, primo fra tutti l'attesissimo Obama, ma pure Sam Kass, chef-consigliere della Casa Bianca fino all'insediamento di Donald Trump, e artefice di quella rivoluzione salutista che ha fatto della residenza presidenziale più “spiata” del mondo un modello da imitare grazie all'impegno di Obama e sua moglie Michelle in ambito alimentare. E nel pomeriggio di lunedì prossimo, dalle 14 alle 16.30, i riflettori saranno tutti puntati sul palco di Rho per il Keynote Speech di Barack Obama, chiamato a dialogare proprio con Sam Kass sul diritto al cibo, l'accesso a un'alimentazione sana e consapevole, l'importanza dell'educazione alimentare, in una giornata dedicata alle coltivazioni sostenibili e alle soluzioni innovative di food&agtech per i Paesi in via di sviluppo.

 

Ai ragazzi non piacciono frutta e verdura? Trump li accontenta

Peccato però che dall'altra parte dell'oceano qualcuno lavori per cambiare il corso degli eventi, prendendo di mira i provvedimenti varati durante l'era Obama. E stavolta Donald Trump, che ha recentemente “festeggiato” i suoi primi 100 giorni alla Casa Bianca, si pronuncia in merito alla campagna in favore dell'alimentazione sana nelle scuole voluta e caldamente sponsorizzata da Michelle Obama. È stato il nuovo ministro dell'Agricoltura Sonny Perdue, durante la visita a una scuola elementare della Virginia, a segnalare la marcia indietro dell'amministrazione sulle linee guida che finora (in vigore dal 2012) hanno regolato l'offerta dei pasti negli istituti scolastici che ricevono fondi governativi: per decisione del governo Trump, le mense non saranno più obbligate a investire le risorse in pasti bilanciati, ricchi di farine integrali, poveri di sodio e grassi. Contrordine dunque rispetto alle misure varate dall'ex first lady per contribuire alla diffusione di una cultura alimentare salutare e democratica, che ai ragazzi di un Paese duramente colpito da obesità, diabete e malattie cardiovascolari legate alla cattiva alimentazione indicasse una strada alternativa al junk food, promuovendo frutta, verdura, latte e derivati senza grassi e a basso contenuto di sale.

Il motivo? Semplice, quanto sconsolante, e riferito allo scarso appeal del cibo salutare riscontrato nelle mense scolastiche negli ultimi anni: “Se i ragazzi non lo mangiano, quel cibo va a finire nella spazzatura e loro finiscono per non mangiare, minando alla base il programma stesso”.

Dietro al provvedimento, in realtà, ci sarebbero soprattutto interessi economici, legati alle rimostranze della School Nutrition Association, che riunisce i principali fornitori di derrate alimentari delle mense scolastiche, in passato più volte contro l'amministrazione Obama per le regole alimentari imposte nell'ambito della campagna anti obesità infantile Let's Move. Ma il cambio di rotta non mancherà di suscitare polemiche, e i più pessimisti aspettano solo che anche l'orto presidenziale orgoglio di Michelle sia smantellato. Come preannunciato subito dopo la vittoria elettorale dall'attuale inquilino della Casa Bianca, nonostante le rassicurazioni della first lady Melania, che qualche mese fa si affrettava a garantire la salvaguardia dell'orto, come imperativo morale in quanto madre e first lady degli Stati Uniti. Quanto resisteranno i suoi buoni propositi?
 

a cura di Livia Montagnoli

Mangiare gli insetti. Ora c'è anche un grande libro edito da Phaidon

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L'idea è nata da Phaidon, la casa editrice di libri d'arte, che ha voluto pubblicare un volume che testimoniasse l'uso alimentare degli insetti. E lo ha fatto raccontando il progetto del Nordic Food Lab di Copenaghen alla scoperta delle storie e delle tradizioni delle comunità entomofaghe e delle prospettive future di questi alimenti.

Phaidon

La casa editrice è quella dei cataloghi e delle monografie dei grandi pittori, di The Art Book e dei Cahiers du Cinéma. Ma è anche quella che una decina di anni fa, a quasi un secolo dalla sua nascita, si è lanciata nell'editoria gastronomica accreditandone, di fatto, il suo posto al fianco di scultura, architettura e fotografia, ma anche moda e viaggi, in un panorama composito di creatività, arte, lifestyle. Tra la riedizione del Cucchiaio d'argento e Un giorno a El Bulli, passando per libri di ricette e cultura gastronomica di mezzo mondo, monografie di grandi chef o ristoranti, focus su alimenti, filosofie alimentari e piatti tipici, anno dopo anno ha messo a segno alcuni dei volumi più noti del panorama dell'editoria di settore. Non ultimo quello che – nel titolo originale – invita a non fidarsi mai di un cuoco italiano magro, e che nella nostra lingua è stato tradotto (purtroppo) Vieni in Italia con me. Autore Massimo Bottura.

 

copertina

La copertina del libro

 

Il progetto editoriale

In questo excursus sul cibo e sul mangiare, stavolta Phaidon affronta e sdogana uno dei tabù alimentari occidentali: l'entomofagia. E lo fa chiamando in causa alcuni dei maggiori esperti in materia, quelli del team del Nordic Food Lab di Copenaghen, che declinano il tema, ancora oggi scabroso nonostante le molte riflessioni che loro stessi hanno contribuito ad aprire negli ultimi anni, attraverso uno sguardo composito. E proprio questo approccio è il vero protagonista del libro On eating insect che si apre con la prefazione di René Redzepi, chef del Noma cui il Nordic Food Lab è legato a doppio filo, e un'introduzione di Mark Bomford, il direttore del Yale Sustainable Program. C'è poi una parte, quella firmata da Michael Bom Frøst, direttore del Lab, che affronta l'analsi sensoriale di questi alimenti. Non è il primo libro sul tema, ma è forse quello che lo tratta in modo più complesso e con uno stile estremamente raffinato.

Il volume nasce su iniziativa della casa editrice” spiega Roberto Flore, uno degli autori insieme a Michael Bom Frøs (direttore del Lab) e Josh Evans (collega di Flore al Lab per il progetto sugli insetti) .“L'obiettivo dichiarato è far conoscere la ricerca svolta in questi anni”. Non una raccolta di ricette pura e semplice, ma una sintesi di questo progetto, come suggerito dal sottotitolo che recita Essays, stories, recipes. È stata necessaria una selezione, “anche perché”, spiega Flore “è difficile mettere in un solo libro tutta la complessità di questi 4 anni: siamo andati 4 volte in Messico, 2 in Kenya, poi in Thailandia, in Australia, in Giappone, nei paesi del Nord Europa e in moltissimi altri posti”. Ogni viaggio la scoperta di una parte di mondo, con tutto quel che contiene, con un lavoro esplorativo e documentario che ha riunito tecniche di raccolta degli insetti, tradizioni di consumo, valore simbolico e relazione con le comunità di riferimento. “Il libro è un buon frame di quanto fatto, ma ci sarebbe molto ancora da raccontare”. E non si esclude certo che tutto questo lavoro non dia vita ad altre pubblicazioni, anche di taglio diverso. In questo c'è la storia del centro ricerca e la storia di questo progetto, il motivo per cui il Lab è arrivato a occuparsi di insetti e i racconti legati ai viaggi. “Il focus è il progetto nella sua complessità”, ribadisce Flore. 

 

Raccolta di insetti dal Messico

Il progetto

Il libro nasce dal progetto Deliciousness of insects che l'organizzazione no profit danese ha condotto dal 2012 al 2016 con l'intento di approfondire ed espandere l'orizzonte alimentare del paese nord europeo attraverso l'esplorazione del pianeta. L'approccio multidisciplinare del centro ricerche di Copenaghen unisce analisi scientifiche e riflessioni umanistiche, cucina e antropologia, chimica, ecologia, storia. Con questo sguardo olistico sposta più in alto l'asticella della conoscenza e della comprensione del cibo non solo dal punto di vista nutrizionale e organolettico, ma per il suo valore alimentare, culturale, sociale, con una profonda attenzione per l'ambiente, naturale e umano, da cui origina.

Per questo progetto il team si è spinto nei quattro angoli del mondo per conoscere, da vicino, le popolazioni più diverse e i loro costumi alimentari, tra questi è finito sotto osservazione anche il casu marzu, il famoso formaggio sardo con i vermi, e proprio quello ha portato Flore dritto nei laboratori di Copenaghen dove ora riveste il ruolo di head chef: “sono il responsabile dello sviluppo gastronomico”. Si occupa di come trasformare un'idea e delle informazioni in qualcosa di tangibile. In piatti. “Significa anche cercare il modo di adattare materie prime inusuali a piatti familiari, come per esempio il taco”. Come avvenuto nella dimostrazione al Parlamento Europeo un poco più di un anno fa.

In pratica Flore è lo chef di una squadra che è ben lontana dall'essere una brigata di cucina, piuttosto un gruppo di ricerca eterogeneo e superspecializzato che include e gira attorno alla cucina. Ed è forse proprio questo l'aspetto più interessante: la possibilità di aprire, in modo concreto, le porte che collegano il cibo al resto della vita delle persone e della società. Di mettere in pratica una ricerca antropologica che non lesina esperimenti o prove di laboratorio, ma che nasce dalla conoscenza delle diverse comunità entomofaghe nel mondo. E sono moltissime, in ogni continente. Ognuna con un patrimonio di saperi, di tradizioni, tecniche e racconti che sono tenute in altissima considerazione dal Lab. 

 

taco di larve di apiTaco di larve di api

Cibo, gusto e società

Perché il ragionamento sul cibo non può prescindere dal suo complesso di significati e riferimenti. Ancora di più nel caso in questione. Un esempio? Nei gruppi entomofagi, ci raccontava Flore in una precedente occasione, è raro che qualcuno dica di mangiare insetti, i più ne sono disgustati al solo pensiero, quando se ne parla si usa il termine alimentare (come nel caso del casu marzu a proposito dei vermi del formaggio), come se questo scarto lessicale mantenesse unicamente l'identità gastronomica del prodotto eliminandone il legame con il mondo di sotto rappresentato da bruchi e larve; confermando l'attualità del testo di Michael Harris per cui buono da mangiare deve essere prima di tutto buono da pensare, mettendo in luce il ruolo che ha la parola nel definire il pensiero, nel dare forma e sostanza alle cose. Soprattutto quelle di cui ci nutriamo. Non è un caso, inoltre, che in alcune comunità la raccolta degli insetti sia delegata a donne o bambini, a testimonianza del peso emblematico del cibo e in particolare di certi alimenti nelle strutture sociali.

Questioni non secondarie nella costruzione del valore simbolico del cibo che, nelle ricerche del Lab, non viene mai scollegato da quello, concretissimo, dell'applicazione reale: nell'elaborazione di piatti che sintetizzano un mix di scienza e conoscenza estremamente affascinante. Il libro racconta molto di questo approccio.

 

Piccione, erbe selvatiche e garum di cavallette

Piccione, erbe selvatiche e garum di cavallette

 

Il libro

Ecco dunque che il volume (336 pagine) unisce racconti, storie, informazioni scientifiche, aneddoti e ricette che legano il prodotto al suo territorio. E poco importa se il prodotto è una larva o una cavalletta. Così, uno dietro l'altro, si alternano fotogrammi e appunti di viaggio a piatti come Piccione, erbe selvatiche e garum di cavallette o Ceviche di larve di api o Grilli piccanti con asparagi. Ricette belle, raffinate, perfettamente allineate con i canoni estetici (e verrebbe da dire gastronomici, se non ci fossero di mezzo quelle bestioline) dell'alta cucina internazionale. Che ha, nelle sue migliori istanze, la capacità di fare proprie tradizioni e culture diverse, senza svuotarle di significato ma elaborandole alla luce della conoscenza tecnica. Una cucina che stringe legami con i territori e la loro storia.

Questi piatti sono replicabili al di fuori del Lab? “La maggior parte sono realizzati con insetti reperibili da noi, nei vari canali di vendita e comunque comuni in Europa” spiega Flore. E non solo perché quelli asiatici o africani sono difficili da trovare quando non illegali. “Scegliendo animali che si trovano normalmente anche qui, come api o formiche, abbiamo voluto scardinare l'idea che gli insetti come cibo siano qualcosa di esotico, ma legarli, invece al territorio”.

 

Roberto Flore al Nordic Food Lab

 

In Europa ancora non si esce dalla scandalistica, dai biscotti di Halloween, dalle provocazioni, oppure dal discorso legato alla malnutrizione o all'emergenza fame. “Ma gli insetti sono ormai inseriti nei Novel Food ed entro il 2018 tutti gli stati membri dovranno accettarli come cibo”. Serve forse un passaggio ulteriore per normalizzarli, per valorizzarne le qualità nutrizionali e organolettiche, difficile se si trovano in commercio solo prodotti liofilizzati: “È sbagliato gastronomicamente, oltre che irrispettoso nei confronti di tutto il sapere che c'è dietro a questa pratica alimentare, alla storia dei popoli, all'incredibile ricchezza di questi alimenti, al loro sapore”. Al Lab si lavora con insetti raccolti o allevati e consegnati vivi, poi lavorati secondo i diversi processi scelti.

Ci sono cotture da privilegiare per una specie o per l'altra? “Esattamente come per tutti i cibi ci sono diverse tecniche”. Le larve sono ricchissime di proteine. E si comportano alla stregua delle materie prime di simile struttura: come le uova coagulano intorno ai 62 gradi e per certi versi le ricordano in cucina, fritti diventano croccanti come la pelle del maiale, emulsionati possono dare vita a una maionese, fermentati sviluppano un sapore molto umami. “Le abbiamo fermentate usando il koji, il fungo che si usa per la salsa di soia, il sake, il miso, e abbiamo ottenuto una specie di garum” impiegato in diversi piatti: ci sono enormi potenzialità dal punto di vista gastronomico, ma anche economico. “Noi usiamo le le larve di api” racconta “perché quando, per contrastare l'attacco della varroa, molti apicoltori sono stati obbligati a ridurre i fuchi, si sono trovati con un prodotto diventato di scarto”. A quel punto lo hanno iniziato a usare Flore e i suoi a Copenaghen. “Lo abbiamo trasformato in un elemento ad alto valore gastronomico e di mercato, così le larve sono diventate uno dei prodotti dell'apicoltura, come miele o pappa reale”

 

C'è moltissima strada da fare se davvero si vuole un approccio più attento a questo tema, e la proposta di saggi insieme a piatti gourmet può essere la chiave di volta per cambiare il modo di guardare queste materie prime . Che è strettamente legato a quello dell'apertura culturale verso ciò che non si conosce.

 

Il volume viene presentato giovedì 4 maggio a Milano alle ore 19 al Mercato del Suffragio, all'interno del programma Food Wanted: Gastronomic Adventure, la rassegna cinematografica dedicata al cibo inserita nell'ambito della Milano Food City. Alla presentazione, a ingresso gratuito, segue la proiezione di proiezione di Bugs  di Andreas Johnsen (5 euro).

Mercato del Suffragio | Milano | piazza Santa Maria del Suffragio, 2 | tel. 02 55184461 | giovedì 4 maggio h.19

 

On eating insect | Roberto Flore, Michael Bom Frøst, Josh Evans | ed. Phaidon | pp. 336 | 49.95 euro | http://it.phaidon.com/store/food-cook/on-eating-insects-9780714873343/

 

 

 

a cura di Antonella De Santis

foto di Chris Tonnesen

 

 

Cibum Nostrum a Milano. Le Tavole Italiane ieri e oggi: tra storia e arte anche le copertine del Gambero Rosso

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Una rassegna a Palazzo del Senato in occasione di Milano Food City, per raccontare il legame degli italiani con la tavola e l'eccellenza dell'enogastronomia nazionale. All'Archivio di Stato un percorso inedito, tra sculture e carte geopittoriche, fotoreportage e viaggi spirituali lungo la Penisola. Con il contributo di Gambero Rosso: 30 copertine per 30 anni di storia nella comunicazione del food. 

Italia a tavola. Com'è cambiata

Le Tavole italiane ieri e oggi. C'è un modo migliore per raccontare usi e costumi del BelPaese se non fotografandone le abitudini alimentari, e l'avvicendarsi di gusti, riti e tendenze a tavola? Con questo proposito si muove la ricerca di Cibum Nostrum, che corre sulla linea del tempo per rappresentare e approfondire la celebrazione del desco, fulcro della vita familiare e sociale per secoli di storia della civiltà. Un excursus storico in pieno regola, dunque, che ricorre a documenti, fotografia, creatività artistica per raccontare l'Italia e il mondo alle prese con il cibo, in occasione della settimana che Milano dedicherà proprio al cibo e alla consapevolezza alimentare, oltre che alle eccellenze enogastronomiche e ai grandi protagonisti della ristorazione d'autore. La rassegna, nata da un'idea di Angelo Cucchetto e Serenella Scarpa Bulgari, è realizzata in collaborazione con l'Archivio di Stato di Milano e prenderà forma dal 5 al 13 maggio nell'ambito del ricco calendario di appuntamenti a tema offerti da Milano Food City. A Palazzo del Senato, storico edificio meneghino che ospita l'Archivio di Stato, saranno diversi gli spunti raccolti per restituire l'idea di un progetto dinamico e multidisciplinare, tra cibo, arte, musica, editoria.

La rassegna. Sculture, radici e pittura col vino

Si comincia con la disamina storica proposta dalle carte geopittoriche dedicate al cibo e ai prodotti italiani in arrivo dalla collezione De Agostini: l’esposizione racconta la tradizione alimentare italiana dal 1945 al 1960, illustrando nel contempo le attività di una famiglia di cartografi che ha dato un contributo fondamentale, non solo alla conoscenza della morfologia del territorio italiano e alla sua evoluzione, ma anche alla divulgazione e alla didattica della geografia fisica e politica.Ma ci sarà spazio anche per le opere dedicate al cibo di Silvano Bulgari, scultore in bronzo patinato, milanese di fama internazionale, che per l'occasione dialogherà nella sala affrescata del palazzo con gli scatti di Mario Lisi, fotografo pavese che interpreta le opere di Bulgari con foto di grande contrasto e intensità. E ancora il lavoro alla ricerca delle radici di Annamaria Fabbri, presente con To the Roots, un viaggio spirituale per le tavole d'Italia per scovare tradizioni e tipicità locali, ma anche curiosità legate al cibo da tutte le 110 province della Penisola. Elisabetta Rogai, invece, con il contributo di un professore di chimica organica, porta in scena dipinti realizzati con una tecnica pittorica insolita: l'EnoArte. L'artista fiorentina, in realtà, si ispira ai pittori dell'antichità, che di bacche, radici ed elementi naturali sfruttavano le proprietà coloranti: lei dipinge col vino. Pesach, invece, è il titolo del fotoreportage di Paolo Della Corte che immortala lo storico forno del Ghetto ebraico di Venezia, l'unico ancora aperto solo nel periodo che precede la Pasqua ebraica.

30 anni di Gambero Rosso

Ma porta il suo contributo anche il Gambero Rosso, che da trent'anni ripercorre e racconta la storia gastronomica d'Italia e del mondo. In mostra una trentina di copertine della rivista che nel 2016 ha spento 30 candeline, stampate in grande formato e proposte per valorizzare un trentennio di comunicazione del cibo italiano di qualità. Dal Gambero Rosso in arrivo anche una selezione di video dedicati alla cucina italiana d'autore. Si comincia il 5 maggio alle 11, con la tavola rotonda su Cibo, Arte e Musica con i protagonisti della rassegna e un excursus sul compositore gourmet Gioachino Rossini. A seguire l'aperitivo inaugurale con una selezione di vini del Gambero Rosso.

 

Cibum Nostrum | Milano | Palazzo del Senato, via Senato, 10 | dal 5 al 13 maggio | ingresso gratuito | www.shootfood.it

 

a cura di Livia Montagnoli

Milano Food City. Gli appuntamenti golosi della Food Week: tra orti e grandi chef arrivano pure Vito e Giorgione

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Orientarsi a Milano durante la Food Week che trasformerà la città dal 4 all’11 maggio, in concomitanza con Tuttofood. Per la prima edizione di Milano Food City sono oltre 300 gli eventi previsti in città. Qualche suggerimento. 

Aspettando Milano Food City

Se Milano Food City è il grande contenitore che dal 4 all’11 maggio trasformerà il capoluogo lombardo in un festival diffuso del gusto, per promuovere temi come l’alimentazione consapevole e sostenibili e l’eccellenza gastronomica e agroalimentare, il cappello della Milano Food Week raccoglierà i moltissimi eventi collaterali che esulano dagli appuntamenti istituzionali e dalle principali macroaree individuate sulla mappa della manifestazione. In totale, dunque, si prevedono oltre 320 iniziative in tutta la città, con il coinvolgimento di mercati e musei, gallerie e spazi culturali, negozi e ristoranti. Alla Fondazione Feltrinelli, tra i centri più attivi durante l’intera rassegna, spetterà il compito di accogliere la cerimonia inaugurale nella serata del 3 maggio, quando ad animare l’incontro dedicato alle sfide del futuro in campo alimentare (diritto al cibo, sostenibilità, e tutte le urgenze anticipate da Expo) ci sarà Don Pasta con il suo Artusi Remix. Ma l’appuntamento inaugurale sarà anche occasione per fare del bene, aderendo alla campagna di solidarietà in favore di Banco Alimentare e Caritas. Poi, dal 4 maggio, ognuno potrà scegliere il percorso più incline alle proprie corde. Del programma ufficiale abbiamo anticipato molti dei ritrovi quotidiani che proporranno attività, degustazioni e incontri per tutta la rassegna. Di seguito qualche altro consiglio utile per orientarsi meglio in città. A cominciare dal distretto di Tortona, solitamente associato a moda e design, che per l’occasione presenterà una Food Week di quartiere ricca di appuntamenti.

La Food Week di Tortona

Già il 3 maggio, Coldiretti inaugurerà un orto urbano con sei tipi di ortaggi ed erbe aromatiche in rappresentanza delle sei vie principali del quartiere: 1200 piantine saranno donate agli abitanti coinvolti per dare vita simbolicamente a un grande orto condiviso e collettivo. E il giorno successivo spetterà sempre a Coldiretti coordinare il mercato ortofrutticolo ospitato all’interno di Base fino a sera, quando lo spazio si trasformerà in un djset aperto al pubblico. Tutti i giorni, invece, si rinnova il calendario dello Spazio Bergognone 26, dove per onorare la formula della storycooking – un po’ storytelling, un po’ cooking show – interverranno diversi chef, a cominciare da Enrico Bartolini, che il suo quartier generale, al Mudec, lo dirige a pochi metri di distanza. In programma anche l’intervento di Filippo La Mantia (il 6 maggio alle 12), Alessandro Negrini e Fabio Pisani (alle 18.30, sempre il 6 maggio), e poi il 7 Luigi Taglienti eTano Simonato, e lunedì 8 Daniele Canzian. Chiude la kermesse Sergio Mei, che durante il suo show festeggerà 50 anni di carriera in cucina. Ma gli highlight in zona non finiscono qui, con la Street Food Parade ospite di Base per tutta la durata della manifestazione, il Wunder Mrkt della Torneria Tortona il 6 e 7 maggio, le degustazioni di sake, la mostra collettiva di food photography De Cibo, con otto autori per raccontare l’eccellenza degli ingredienti italiani, negli spazi Archiproducts di fronte al Mudec.

Laboratori al museo

Partecipa alla manifestazione anche il Museo delle Scienza e Tecnologia di via San Vittore, che da tempo ospita la mostra per chi ha fame d’innovazione FoodPeople, dedicata ai cambiamenti, anche sociali, che hanno segnato il nostro modo di mangiare negli ultimi 150 anni. La mostra è compresa nel prezzo d’ingresso al museo. Durante il fine settimana, invece, in uno dei laboratori didattici del complesso ci sarà spazio per l’approfondimento sul Latte e i suoi derivati, per bambini dagli 8 anni in su. Tra ipotesi ed esperimenti, i più piccoli potranno assistere alla produzione del burro, scoprendo tante curiosità sul mondo di un alimento complesso e importante per la nostra alimentazione.

I volti di Gambero Rosso Channel a piazza Cordusio 

Ma Milano Food City sarà pure vetrina privilegiata per i protagonisti più amati di Gambero Rosso Channel, che animeranno lo Spazio Sky di piazza Cordusio con tre appuntamenti d’intrattenimento e cooking show. Venerdì 5 maggio sarà Maurizio Rosazza Prin ad aprire le danze: cucina conviviale al motto di Chissenefood. Il 9 maggio, invece, a condividere il palco sarà una coppia inedita: Max Mariola Fabrizio Nonis insieme ai fornelli per conquistare il pubblico dello Spazio Sky. Mentre mercoledì 10 Vito Giorgione si spalleggeranno a vicenda per dar vita a uno spettacolo di cucina all’insegna del divertimento, ricco di colpi di scena.

 

Per il calendario completo degli eventi www.milanofoodweek.com

 

a cura di Livia Montagnoli

In copertina Base Milano

Cinque norcini per un unico suino: il nero d'Aspromonte

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Potremmo chiamarla sharing pig, la nuova sfida di cinque grandi norcini italiani in nome del suino nero d’Aspromonte.    

Un incontro fortuito durante la prima edizione di Salumi da Re, nel 2014, che ha dato i suoi frutti. In termini di capocolli, lonze, prosciutti, lardi e speck. È la bella storia di cinque produttori norcini che si sono conosciuti tra gli stand della manifestazione organizzata dal Gambero Rosso, in collaborazione con i fratelli Spigaroli, all'Antica Corte Pallavicina.

Il suino nero d'Aspromonte

Del maiale, specie se suino nero d’Aspromonte, non si butta via nulla. È il diktat dei cinque produttori che si sono messi assieme in nome del suino nero. Una razza rustica, autoctona (fa parte della razza Suino Nero di Calabria), dal mantello scuro, allevata in maniera semibrada dal Pollino all’Aspromonte e nutrita come si deve, grazie alla presenza di felci, castagni e roveri, che sorgono lungo la costa ionica e risalgono verso l'Aspromonte. Un suino che era in via di estinzione perché ritenuto economicamente non remunerativo rispetto agli altri, da allevamento intensivo e con crescita più veloce. È un dato di fatto che, alla nascita, i suinetti neri d’Aspromonte sono più piccoli rispetto alle razze rosa. E a confronto rimangono tali: a 5 mesi raggiungono circa 60 kg e a 12 arrivano massimo a 130 kg. Vien da sé che per ottenere un maiale pesante (180 kg) ci vogliono quasi due anni, di vita e di lavoro, a differenza dei 10/14 mesi necessari per un Large White, per esempio. Con conseguenze facilmente intuibili in fatto di prezzo. Ma se del suino non butti via nulla, la storia cambia.

Provvidenziale fu la prima edizione di Salumi da Re

Sono partiti da questo assunto i cinque produttori che condividono - letteralmente - il maiale. Nel senso che comprano i suini assieme, e poi li suddividono in base alle rispettive esigenze. Il progetto, imbastito tra il 2008 e il 2009 dalla Provincia di Arezzo, in collaborazione con le Università di Bologna, di Reggio Calabria e di Campobasso, per promuovere le antiche razze suine a rischio d'estinzione e la produzione di salumi di qualità, si è concretizzato nel 2014, durante la prima edizione di Salumi da Re, diventando una liaison imprenditoriale tra amici norcini, volta all'ottimizzazione produttiva nella filiera delle carni trasformate.

Capofila del progetto è il Salumificio Gerini, che si occupa dello stoccaggio: “Inizialmente compravamo i suini allevati dalla Cooperativa Valle del Bonamicodi Locri, con l'apporto scientifico del professore Piero Schirripa”. Una realtà, la cooperativa Valle del Bonamico di Locri, costituita sul finire del 1995 da giovani pastori, figli d'arte, con lo scopo di dare lavoro ai giovani della Vallate del Bonamico e del Careri (un contesto territoriale fortemente colpito da criminalità organizzata e potere mafioso) trasmettendo loro il sapere e le tecniche di allevamento, pastorizia e agricoltura. Purtroppo questa cooperativa, nel frattempo, ha chiuso i battenti per problemi finanziari, nonostante arrivasse a produrre, nei periodi da aprile a giugno e da novembre a gennaio, circa 1.500 quintali di lamponi, ribes e more. “Così, da circa un anno ci rivolgiamo direttamente alle singole aziende agricole, che più che allevare questa razza la monitorano, per tenere sotto controllo le nascite e integrarne l'alimentazione nei periodi di magra". Ci spiega Alessandra Gerini. "Si tratta di ceci durante il periodo dei parti, per proteggere e svezzare le cucciolate. E fave in pieno inverno, durante il periodo della cattura. Gli allevatori, poi, intensificano il foraggiamento soltanto negli anni in cui il bosco è povero di frutti, soprattutto di ghiande”. Sono sempre queste aziende che si occupano della cattura. “Attualmente tutti gli animali che abbattono ce li mandano, accontentando le nostre richieste in termini di peso (le prime volte ci mandavano animali troppo piccoli) e di macellazione, dato che per non rovinare la carne i suini vengono abbattuti e macellati in Calabria”. È stata dunque una selezione affinata nel tempo, “ora sanno perfettamente cosa mandarci”. E una volta arrivati in casa Gerini, i capi vengono suddivisi nei vari tagli e spediti ai diversi norcini, che li lavorano secondo l'uso delle rispettive zone di appartenenza.

La suddivisione

Gerini trasforma le cosce in prosciutti, secondo la tradizione toscana: “È l’interpretazione toscana del maiale nero calabro. Questa linea l'abbiamo chiamata “Suino nero Brado dell’Aspromonte”, stiamo inoltre sperimentando la combinazione di questo suino con prodotti della nostra terra, come ad esempio il Vitellone Chianino, il risultato per ora ottenuto è il salamino misto bovino e suino, e un ottimo ragù”. Produce soli prosciutti Simone Fracassi dell'omonima macelleria, fondata nel 1927 nel cuore del Casentino e balzata agli “onori della cronaca” per la valorizzazione del Grigio del Casentino, altra razza suina autoctona allo stato brado. Dalla parte superiore della schiena Fausto Guadagni ottiene il lardo di Colonnata, in trancio, affettato e macinato, e le sue creative variazioni stagionate in conche di marmo: dal Lardo Pic, aromatizzato con peperoncino dell'Accademia di Diamante, alla Selezione Mediterranea aromatizzata ai sapori regionali, come quello al bergamotto, al finocchio selvatico e alle erbe di macchia mediterranea calabrese. Mentre Francesco Carriero, norcino di Salumi Martina Franca, si occupa di trasformare i capocolli e le lonze lardate, e Massimo Corrà prende la mezzena intera per tutta la sua produzione trentina, a partire dallo speck naturale, fino alle pancette affumicate e i salami tagliati a coltello. “Avrei sempre voluto sperimentare prodotti con suini diversi, ma per me il problema era far salire i maiali calabresi fino in Trentino. Con questa cordata riesco ad ammortizzare i costi di trasporto”. Ci racconta il patron del negozio Dal Massimo il Goloso, nel cuore della Val di Non. È proprio il caso di definirla una cordata virtuosa della salumeria italiana.

 

 

Gerini | Pontassieve (FI) | v.le Hanoi, 50 | tel. 055 8368559 - 055 8315207 | www.gerinispa.it

Fracassi dal 1927 | Castel Focognano (AR) | Piazza G. Mazzini, 24 | tel. 0575 591480 | www.simonefracassi.com

Larderia Fausto Guadagni | Carrara | fraz. Colonnata s.da Comunale, 4 | tel. 0585 768 069 | www.larderiafaustoguadagni.com

Salumi Martina Franca | Martina Franca (TA) | via Tre Piantelle, F/20 | tel. 080.4490533 | www.salumimartinafranca.it

Dal Massimo Goloso - Massimo Corrà | Coredo (TN) | p.zza dei Cigni, 6 | tel. 0463.536129 - 338.1929010 - 340 7375185 | www.macelleriacorra.com

 

a cura di Annalisa Zordan

 

Pastifici a Torino. 9 indirizzi per comprare la pasta fresca in città

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Ravioli, tajarin, agnolotti o gobbi, cabiette, macaron. Sono i formati di pasta della tradizione piemontese, alcuni nati grazie agli impulsi d’oltralpe, altri all'incontro con la gastronomia genovese e lombarda. Per la quinta puntata della rubrica sui pastifici vi portiamo a Torino, alla scoperta dei migliori indirizzi del capoluogo piemontese.

La pasta fresca a Torino

Ricette raffinate, grande tecnica, piatti aristocratici. Sono le prime cose che vengono in mente pensando alla pasta piemontese, specie quella del capoluogo, per lungo tempo importante centro di scambio gastronomico e culturale fra i cuochi provenienti dalle più blasonate corti europee. Ma questo non è del tutto vero: sono tanti i piatti - e i formati di pasta - che vengono dalla tradizione contadina, in particolare quelli nati sulle Langhe, nella gran parte dei casi con l’intento di riciclare residui di materie prime. Un esempio classico è quello dei ravioli Cavour: uno dei piatti preferiti del celebre politico italiano, insieme alla finanziera, nasce dall’esigenza di utilizzare il cervello di vitello, alimento non molto in voga all’epoca. Per la rubrica sui migliori pastifici in città abbiamo deciso di portarvi a Torino, alla scoperta di formati, tipologie e sapori locali, con i migliori 9 indirizzi per comprare la pasta fresca.

 

Bertoli & Turco

In attività da oltre 50 anni vicino al Parco del Valentino, è una bottega che propone pasta artigianale, ma anche sughi, piatti pronti da mangiare o da infornare. Qui si producono specialità all’uovo o senza, a partire dai classici agnolotti, fino a formati più distanti dalla tradizione piemontese come le orecchiette e le trofie, passando per tagliatelle, strozzapreti, gnocchi, tortelloni e cappelletti. Per chi non ha tempo, sono diverse le opzioni di gastronomia: oltre alle classiche lasagne, piatto forte del locale insieme alla bagna cauda, anche melanzane alla parmigiana, insalate di riso, polpette con piselli, fiori di zucca in pastella, frittate di vario tipo. Infine i condimenti, con in prima fila diversi tipi di sugo al pomodoro, i ragù, seguiti dal pesto di basilico e quello di rucola, fino ai condimenti alle melanzane e ai carciofi. I prezzi variano fra gli 8 euro degli gnocchi e i 19 dei ravioli al brasato.

Bertoli & Turco | Torino | via Madama Cristina, 10 | tel. 011 6505249 | www.bertolieturco.it

 

pastificio Bertoli & Turcopastificio Bertoli & Turco

 

De Filippis 1872

Un pastificio storico, che ha visto diverse famiglie torinesi avvicendarsi alla guida. Tutto nasce nel 1872 - come recita il nome - quando il cuoco dei Savoia, Domenico Toso, decide di aprire il suo laboratorio al numero 39 di via Lagrange. Nel 1939 subentra Maria Ferraris De Filippis, che regala a questa bottega il nome attuale. Nel 2008 arriva una nuova gestione, con la famiglia Damilano che apporta diversi cambiamenti, affiancando al pastificio la gastronomia e il ristorante, sempre mantenendo la vocazione artigianale e l’attenzione per la tradizione piemontese.

L’offerta spazia tra i tradizionali ravioli, gli agnolotti del plin, le margherite e i formati più classici - come fettuccine, gnocchi, lasagne - fino alla pasta secca di grano duro. Anche i ripieni variano molto. Ci sono i gusti più invernali come fonduta e tartufo, zucca, noci e gorgonzola, e farcie più fresche come quelle a base di pesce e di verdure. Ma il vero piatto di punta sono i ravioli della gran tradizione, preparati con tre 3 arrosti diversi, uno di fassone (o fassona che dir si voglia) piemontese, uno di coniglio e il terzo di carne di maiale.

Dalla gastronomia si può scegliere tra vitello tonnato, torte salate, flan assortiti, insalata di pollo, roast beef e arrosti, verdure cotte al vapore, grigliate o in carpione. E se non siete ancora soddisfatti, provate a dare un’occhiata al menu del ristorante.

De Filippis 1872 | Torino | via Lagrange 39 | tel. 011 542137 | www.pastificiodefilippis.it

 

Fratelli Bruzzone

Pastificio e bistrot allo stesso tempo, dove da quasi 4 anni si incrocia la tradizione piemontese con quella ligure. Le specialità della casa sono realizzate interamente a mano, racconta Martina Bruzzone, figlia della pastaia Alessandra, “impastiamo con farina macinata a pietra e tiriamo la sfoglia alla maniera bolognese. Produciamo tutto in piccole quantità, per preservare la qualità del prodotto ed evitare sprechi”. In negozio troverete sempre tagliatelle (preparate esclusivamente dalla signora Alessandra e tagliate al coltello) e agnolotti classici, per il resto i titolari mediano fra le richieste del cliente e la tradizione di famiglia. “Dalle 4 porzioni in su cerchiamo di assecondare le richieste, componendo il ripieno secondo i gusti personali, tenendo sempre d’occhio le nostre ricette. Ai clienti questo metodo piace molto”. E piace anche l'attenzione per le materie prime:“verdure di stagione del contadino Giovanni, che ha il negozio proprio vicino al pastificio, carne di un piccolo allevamento della valle di Susa, prodotti italiani certificati”.

Si può acquistare pasta fresca d’asporto o fermarsi per gustare una delle specialità della tradizione piemontese o genovese, come il filetto di fassone o il polpettone di fagiolini e patate. Ma la proposta è varia, si va dall’orata al pepe verde al salmone all’orientale. “Il piatto più gettonato, oltre agli agnolotti, rimane sempre il misto vegetariano: tutti prodotti locali, cotti al vapore o sbollentati, conditi con extravergine ligure e composti secondo i gusti del cliente”.

I prezzi non sono indicati al chilo, ma a porzione: dalle tagliatelle secche a 3 euro a porzione, ai ravioli al magro sui 4,50, fino agli agnolotti a 8 euro a porzione.

Fratelli Bruzzone | Torino | via Maria Vittoria, 34 | tel. 011 7633447 | www.fratellibruzzone.com

 

pastificio Fratelli BruzzoneFratelli Bruzzone

 

Pastificio Ferro

Una ricetta segreta per gli agnolotti e una grandissima varietà di proposte, che comprende piatti di gastronomia pronti da mangiare o da completare a casa. Al pastificio Ferro - aperto fin dagli anni ‘50 - la pasta viene prodotta in due versioni, a base di grano tenero ma anche di farina di riso. I ripieni di carne sono la specialità della casa: da quelli di reale pura(carne di manzo piemontese certificata) a quella al Parmigiano Reggiano stagionato 24 mesi, quella al coniglio o all’arrosto di maiale. In listino anche gnocchi, tajarin, fettuccine, trofie, pappardelle, tagliatelle, orecchiette e molto altro ancora. Per la sezione gastronomia, prodotto di punta è il sugo di arrosto, ideale per condire agnolotti e ravioli di carne, ma dalla cucina arrivano anche vitello tonnato, flan di verdure, insalata russa, lasagne, fondute, frittatine. C’è anche un goloso reparto pasticceria, dove i clienti possono scegliere fra prodotti di pasticceria secca tradizionale(savoiardi, brutti ma buoni, melighe) o fresca (mont blanc, tiramisù, profitterol e torte di vario tipo). Inoltre, il punto vendita è una vetrina per i prodotti del territorio: salumi, formaggi, conserve, sottoli e marmellate selezionate fra i migliori produttori della zona. I prezzi vanno dai 10 euro al chilo della pasta semplice (gnocchi, taglierini, tagliatelle) ai 28 euro al chilo dei plin ai 3 arrosti.

Pastificio Ferro | Torino | via Tonello, 2 | tel. 011 19645000 | www.pastificioferro.it

 

Pastificio FerroPastificio Ferro

 

Pastificio Gran Madre

È il 1968 e Lucia Accornero è una rimasta vedova da poco, con due figli a carico. Deve andare avanti e decide di aprire un negozietto di pasta artigianale, partendo senza neppure conoscere bene il lavoro. “È stata dura per lei, condue figli di 12 e 14 anni, in un periodo in cui l’imprenditoria femminile non era incoraggiata”, racconta Maria Francesca, nuora e attuale proprietaria del locale.“Piano piano, anche con il consiglio dei primi clienti, è riuscita a far crescere il pastificio, fino a renderlo l’attività di famiglia, ereditata poi dai figli. Sono passati 50 anni, ma noi continuiamo a lavorare nello stesso modo, con grande rispetto della tradizione piemontese e le migliori materie prime, selezionate presso produttori che in tanti anni hanno saputo guadagnarsi la nostra fiducia”. Così il pastificio Gran Madre è diventato un indirizzo sicuro, nel quartiere, per la pasta artigianale: tagliatelle, gnocchi, trofie - ma anche pappardelle al rosmarino o tegoline al pomodoro - per quanto riguarda i formati più semplici; raviolini, cappelletti e ravioloni tra le paste ripiene, senza scordare prodotti della tradizione come gli agnolotti di magro e quelli del plin, vera specialità della casa, che custodiscono una farcia di arrosto di vitello, prosciutto, parmigiano reggiano stagionato 24 mesi e sugo d'arrosto. I prezzi? Dagli 10 euro della pasta semplice ai 26 euro degli agnolotti del plin.

Pastificio Gran Madre | Torino | via Villa della Regina, 3 | tel 011 8193255 | www.pastificiogranmadre.it

 

Pastificio FerroPastificio Ferro

 

Pastificio Bolognese - Muzzarelli dal 1949

Da Modena a Torino per portare la tradizione della propria regione, ma anche per imparare tutto ciò che c’è da sapere sulla pasta piemontese. È così, con un trasferimento a guerra appena conclusa, che Alda e Giuseppe Muzzarelli iniziano quella che diventerà un’attività imprenditoriale a tutti gli effetti. Dopo oltre 60 anni, il pastificio è infatti un punto di riferimento per il quartiere Crocetta, una delle zone più prestigiose della città. Oggi alla guida del pastificio ci sono Cristina e Laura Muzzarelli, la terza generazione, sempre aiutate dal padre Achille, mentre nonno Giuseppe, che lo fondò nel 1949, sorride fiero dalla foto appesa in ufficio. La fedeltà alla tradizione regionale emiliana e la scoperta di quella piemontese non ha frenato i gestori, ma li ha spinti a confrontarsi con i cambiamenti nelle richieste dei clienti, trasformando l'offerta e adeguandola alla specializzazione del prodotto. Qui si produce pasta non solo in versione classica, ma anche con farina integrale o kamut e, su richiesta, senza uova. Tra le proposte dei Muzzarelli ci sono paste di diversi formati come garganelli, fusilli, calamarata, mezzi paccheri, anche nelle varianti colorate al nero di seppia, al pomodoro, allo zafferano o con farina di castagne. Tra le paste ripiene sono prodotti di punta i plin di Langa e gli agnolotti paesani, ma anche specialità che si discostano dalla tradizione locale come i tirolesi (con speck e fontina Dop) e i cappelletti di Modena. Ampio spazio alla gastronomia con insalata russa, verdure ripiene, vol-au-vent della casa con gamberi, acciughe alla piemontese, arancini al ragù, carciofi trifolati, ragù di vario tipo, torte salate e l’immancabile vitello tonnato.

I prezzi vanno dagli 8 euro al chilo dei formati più semplici ai 20 euro al chilo delle paste ripiene, secondo la farcia.

Pastificio Bolognese - Muzzarelli dal 1949 | Torino | via San Secondo, 69 | tel. 011 591360 | www.pastificiobolognese.it

 

Pastificio Bolognese - Muzzarelli  dal 1949

 

Sapori

Da oltre 30 anni in attività, Iva e Maurizio Tassinari rappresentano un approdo sicuro per gli appassionati di pasta fresca. Due le sedi: la prima, storica, nella centralissima via San Tommaso, a due passi da piazza Castello, l’altra vicino San Salvario, in via Mazzini. Molto vario il menu per quanto riguarda i formati semplici che rappresentano un viaggio nella Penisola: oltre a tagliatelle, tajarin e gnocchi, anche trofie liguri, pici toscani, busiati trapanesi, orecchiette pugliesi, tutte rigorosamente fatte a mano. Vero cavallo di battaglia del locale sono però gli agnolotti Cavour (con un ripieno misto di vitello e manzo, salsiccia scottata e cervello fatto insaporire con una noce di burro), i plin langaroli, e paste con ripieni più “moderni”, come quelli che abbinano caprino fresco e cipolle di Tropea, ricotta e agrumi, zafferano e spinaci. Tra le specialità anche quelle preparate con farine di grano Senatore Cappelli, farro, khorasan, orzo, grano arso, lino, canapa sativa e legumi. A queste si uniscono le proposte del reparto gastronomia, da mangiare anche il loco, a partire da un’insalata russa ormai famosa fra i clienti abituali, per arrivare a verdure al forno o in padella, torte rustiche, piatti a base di pesce e proposte dedicate ai vegani, come le scaloppine di seitan. Infine tanti dolci, come creme caramel, bônet e panna cotta. Avviso a coloro che vogliono imparare a realizzare la pasta in casa: i coniugi Tassinari organizzano spesso corsi per gli appassionati, anche dedicati ai più piccoli.

Prezzi che partono dai 16 euro al chilo degli gnocchi e toccano i 40 euro dei ravioli al tartufo.

Sapori | Torino | via San Tommaso, 12 | tel. 3339480067 - 0118122523 | www.facebook.com/pg/pastificiosapori

Sapori | Torino | via Mazzini, 36 | tel. 3339480067 - 0118122523 | www.facebook.com/pg/pastificiosapori

 

Pastificio SaporiPastificio Sapori

 

Savurè

Un pastificio con cucina a vista, avviato nel 2013 a pochi passi da piazza Savoia e da poco sbarcato anche a Londra, per portare tutta la passione della pasta piemontese nella Capitale del Regno Unito. Anche in questo caso un locale dalla doppia anima: oltre ad acquistare il prodotto fresco da asporto c'è la possibilità infatti di scegliere il formato e il condimento preferito e gustareli in loco. L'offerta è ampia: oltre 20 tipologie diverse di pasta - fra tagliatelle, pici, maccheroni, gnocchi, paccheri ma anche agnolotti, pansoti, ravioli - da abbinare a 12 sughi, fra cui ragù (di chianina o salsiccia alla campidanese), sughi dell’orto (con verdure di stagione), ai porcini e piopparelli, passando per sugo all’Alfredo (con burro fuso e parmigiano), amatriciana, pesto genovese e i condimenti di mare, come quello con le seppie e il guazzetto di pesce azzurro. Specialità della casa i ravioli del Salumaio, realizzati grazie alla collaborazione con Agrisalumeria Luiset.

I prezzi della pasta variano dai 9 euro degli gnocchi ai 19-20 euro al chilo delle paste ripiene, mentre i piatti “prêt-à-manger” si aggirano tutti sui 10 euro, completi di acqua e caffè. Inoltre, per chi volesse provare più pietanze, c’è la formula aperitivo: 3 assaggi di pasta fresca, ognuno condito in maniera diversa e abbinato ad una birra o a un vino, al prezzo di 7 euro.

Savurè | Torino | via Garibaldi, 38 | tel. 011 19665300 | www.savure.it

 

Pastificio SavurèPastificio Savurè

 

Virgilio

Dalle cucine del ristorante alle macchine per tirare la sfoglia. Si potrebbe sintetizzare così la storia di Virgilio Cucini, che dal 2001 produce pasta insieme al socio Davide Benedetto. Iniziano nella sede di corso Casale, ai piedi delle colline che dominano Torino, e 11 anni dopo aprono un secondo punto vendita in corso Brescia, nel quartiere Aurora: è questa la svolta tanto attesa. Il laboratorio spazioso permette di aumentare gli ordini e introdurre piatti di gastronomia e dolci. Oggi gli indirizzi sono tre perché i loro prodotti si trovano anche al Mercato Piazza Benefica, presso il Giardino Luigi Martini.

L'offerta include pasta fresca realizzata con farina 00 o integrale, nei formati più vari: caramelle, maltagliati, gnocchi, cuoricini, ravioli, agnolotti, tortelli, fino alle proposte vegane, come gli gnocchi alla barbabietola e quelli di patate viola. Alla base del lavoro del team materie prime e produttori selezionati secondo la filosofia dell’agricoltura eco-simbiotica e al desiderio di valorizzare il territorio, scegliendo la filiera corta e le aziende agricole biologiche locali, privilegiando le produzioni tipiche.

 

Pastificio VirgilioPastificio Virgilio

 

L’offerta di gastronomia va dalle pietanze classiche - il vitello tonnato, l’arrosto di maiale e l’insalata russa - a specialità come le torte rustiche, le frittatine, le lasagne, fino ai condimenti, dal ragù (sia di maiale che di manzo) al pesto alla genovese, passando per il sugo ai funghi. Infine, i dolci: tiramisù, bônet, mont blanc e crostate di vario tipo. La tipologia di pasta più richiesta? Gli agnolotti ai 3 arrosti.

I prezzi variano fra i 18,40 euro dell’anolino di ricotta e spinaci, fino ai 29,20 euro al chilo del raviolo mascarpone e pistacchio di Bronte.

Virgilio | Torino | corso Casale, 384 | tel. 011 8903633 | www.pastificiovirgilio.com

Virgilio | Torino | via Mazzini, 38 | tel. 011.4272410 | www.pastificiovirgilio.com

Virgilio | Torino | mercato piazza Benefica | Giardino Luigi Martini | tel. 334 9145859 www.pastificiovirgilio.com

 

 

a cura di Francesca Fiore

 

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Il nuovo ristorante di Gordon Ramsay basato su Hell's Kitchen approda a Las Vegas

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È il celebre programma TV Hell's Kitchen a ispirare il nuovo locale firmato Gordon Ramsay, il cuoco più temuto del Regno Unito, che si prepara ad aprire (nuovamente) i battenti a Las Vegas.

Ramsay a Las Vegas

300 coperti e un menu basato sui piatti mostrati durante il programma televisivo Hell's Kitchen. È il nuovo ristorante di GordonRamsay, classe '66, il più famoso cuoco e volto televisivo britannico. A ospitare la cucina dello chef, secondo quanto riportato da Variety, il Caesars Palace di Las Vegas, elegante hotel e casino di lusso. Ma non è la prima volta che il cuoco mette piede nella capitale del gioco d'azzardo: il nuovo locale infatti è il quinto di una serie di insegne di successo che nel tempo hanno conquistato il palato di abitanti e turisti di Las Vegas. In città, ci sono già la Steak House, l'hamburgeria, il fish & chips e il pub & grill a portare la firma di Ramsay con un'offerta ampia e variegata, che a breve sarà completata dal ristorante a tutti gli effetti.

Il ristorante

A ispirare lo chef, il programma Hell's Kitchen, quello che, ancora prima di MasterChef e di un'altra serie di apparizioni TV che hanno fatto conoscere Ramsay al grande pubblico, lo ha reso protagonista assoluto della televisione culinaria britannica e non solo. In onda nel Regno Unito dal 2005, Hell's Kitchen è stato trasmesso in Italia a partire dagli inizi del 2006, dapprima su SkyVivo, in seguito su SkyUno e infine sulla rete televisiva Cielo. Il format è semplice: due squadre di aspiranti chef si sfidano ai fornelli supervisionati e giudicati da Ramsay. Il vincitore ottiene poi un posto da executive chef in un ristorante di alta cucina a discrezione della redazione, ma la caratteristica che più di tutti ha fatto impennare gli ascolti è la pressione psicologica alla quale lo chef sottopone i concorrenti. Ramsay, infatti, è fra i cuochi più temuti del Regno Unito proprio per il ruolo che ricopre ormai da oltre 10 anni.

Ma fra un rimprovero e un insulto, nel corso delle diverse stagioni sono molti i piatti degni di nota realizzati dagli aspiranti chef. E così Ramsay, che attualmente vanta 24 ristoranti a suo nome, ha deciso di riproporre le pietanze più golose create in TV in un ristorante tutto nuovo nel cuore di Las Vegas. L'annuncio della nuova apertura è stato lanciato dallo chef in persona sul suo profilo facebook, omettendo però la data. Di sicuro l'operazione beneficerà di un grande clamore mediatico, e Ramsay sa bene come tenere tutti col fiato sospeso, mentre si appresta a esordire (ma si tratta di un ritorno, il programma fu interrotto nel 2009) con l'ennesimo format televisivo per Fox, The F Word, dove “f” sta per food, family e fun, e, come sempre, qualcuno non vede l'ora di sfidarsi ai fornelli. Giudice irreprensibile sempre lui: il temibile Gordon Ramsay.

a cura di Michela Becchi

Epiro:Evoluzione. A Roma cene d'autore e ospiti speciali per il compleanno di Epiro. E arriva pure Giovanni Passerini

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Si apre il 20 maggio con Bernardo Paladini della Franceschetta 58 la rassegna gastronomica ospite del ristorante di piazza Epiro, a Roma. Ma il ciclo di incontri e cene a più mani proseguirà per tutto il 2017, con l'arrivo di tanti ospiti speciali, da Giovanni Passerini a Jean Van Roy del birrificio Cantillon. 

Dall'orto al restyling. Il nuovo corso di Epiro

Un orto sinergico, con tanti prodotti diversi, “roveja come legume, nasturzio e shizo, pomodori di tantissimi tipi, peperoncini, fragoline di bosco e molto altro”.C'è chi sceglie di ricominciare dall'orto, un piccolo appezzamento di terreno appena fuori dal Grande Raccordo Anulare, preso in affitto da un'azienda biologica sulla via Laurentina. Questo ci raccontavano i ragazzi di Epiro appena qualche giorno fa, anche loro folgorati sulla via di Damasco del ritorno alla terra, che nel caso specifico della piccola insegna gourmet del quartiere Appio Latino è una scelta piuttosto coerente con la storia degli ultimi tre anni di attività in piazza Epiro numero 25, sempre attenti alla ricerca delle materie prime migliori per valorizzare una moderna cucina di territorio. I primi tre anni di vita (che in realtà sono quasi quattro, da quando ala fine di novembre 2013 il ristorante apriva i battenti), per assecondare una lettura che ribalta la prospettiva, soffermandosi non tanto sul traguardo da celebrare, e più sull'evoluzione di una realtà imprenditoriale che vuole dimostrarsi solida nel passaggio alla maturità. In cucina e sala la stessa squadra che da qualche tempo si alterna al mattino per il lavoro nell'orto, gli chef Marco Mattana e Matteo Baldi, la giovane direttrice di sala Alessandra Viscardi. Alla selezione dei vini, una carta tutta giocata sul naturale che ha pochi eguali in città per ricerca e curiosità enologica, Francesco Romanazzi. Intanto anche il locale ha trovato una nuova fisionomia, con l'ultimo restyling della sala, giocato su atmosfere minimali e materiali naturali.

 

Epiro:Evoluzione. Il ciclo di cene, gli ospiti in arrivo

Ma per i prossimi mesi il progetto Epiro:Evoluzione si tradurrà principalmente in un calendario di appuntamenti e attività con chef e produttori che sposano la filosofia e l'etica del lavoro di Epiro. Il ciclo di eventi si aprirà a maggio inoltrato, per inoltrarsi fino alla fine del 2017 e seguire così i prossimi sei mesi di attività, scanditi periodicamente dall'approdo in cucina di ospiti internazionali e chef di personalità. A cominciare da sabato 20 maggio, quando Bernardo Paladini, in arrivo dalla Franceschetta 58 di Massimo Bottura, incontrerà la cucina di Marco Mattana per un doppio turno – pranzo e cena per un totale di 70 posti disponibili, su prenotazione – che aprirà le danze della rassegna gastronomica. A seguire, ma le date sono ancora da definire, al civico 25 si avvicenderanno amici vicini e lontani, Jean Van Roy dal birrificio Cantillon di Bruxelles – storica realtà della birra a fermentazione spontanea tanto cara alla tradizione brassicola belga – Giovanni Passerini in arrivo dai trionfi di Parigi - dove un anno fa rientrava da protagonista nel panorama della ristorazione cittadina, lanciando il ritorno al comfort di una moderna tavola urbana familiare – la squadra del Consorzio di Torino, e sempre dal Piemonte Les Caves de Pyrene di Alba; poi Andrea Viola e Noemi Apollonio dal San Giorgio di Maccarese, che di strada ne faranno poca, ma come gli altri hanno talento da vendere. A ognuno scegliere il volto dell'evoluzione che più preferisce, in attesa di scoprire i prossimi ospiti. Ci sarà da divertirsi.

 

Epiro:Evoluzione | Roma | piazza Epiro, 25 | dal 20 maggio 2017 | tel. 06 69317603 | https://www.facebook.com/trattoriaepiro

Olio extravergine di oliva. Glossario essenziale per conoscere l'oro verde

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L'extravergine è da secoli uno dei prodotti più comuni sulle nostre tavole. Ma quanto, veramente, conosciamo questo prodotto? Con una serie di termini tecnici, abbiamo voluto radunare tutte le informazioni base per poter parlare, in maniera non superficiale, di olio extravergine di oliva.

 

Parlare di extravergine

Da sempre uno dei simboli della dieta mediterranea, l'extravergine è fra i prodotti agroalimentari più apprezzati non solo per il gusto e la funzione in cucina, ma anche per le sue proprietà nutraceutiche. Ma quanto conosciamo l'olio extravergine di oliva? Per quanto sia un prodotto familiare, o forse proprio per questo, in Italia non se ne sa ancora molto: le informazioni, quando ci sono, risultano ancora troppo vaghe.

Le cose stanno cambiando, è vero, e non solo in meglio: l'olio è sempre più al centro di dibattiti, ma anche di polemiche e scandali, a cominciare da quelli relativi alle frodi, oggetto di numerosi servizi giornalistici che hanno il merito di aumentare la consapevolezza su questo prodotto. L'attenzione si concentra soprattutto sui prodotti da supermercato, e sugli interrogativi che sollevano: dalla provenienza e la qualità delle olive alla poca chiarezza dal punto di vista normativo per quanto riguarda l'etichettatura. I dati oggi sono incoraggianti: aumenta l'attenzione dei consumatori, cresce il numero di iscritti ai corsi di analisi sensoriale, e anche la quantità di oleoteche e negozi specializzati in prodotti di nicchia che riservano un occhio di riguardo all'oro verde.

Ma parliamo di una realtà molto circoscritta: la cultura dell'olio buono, quello realizzato con cura dal campo all'imbottigliamento, è ancora un sapere per pochi. Per diffonderlo occorre cooperazione fra gli addetti ai lavori, una comunicazione più ampia in grado di abbracciare il grande pubblico, un lavoro di promozione e valorizzazione mirato e attento. Prima di tutto, però, per parlare di olio in maniera corretta, bisogna conoscere i termini base utilizzati in campo olivicolo. Per questo abbiamo cercato di radunare i più importanti, creando un glossario essenziale per capire e discutere di olio extravergine di oliva sgombrando il campo da ogni possibile ambiguità.

Glossario

Acido oleico: è una delle componenti principali dell'olio di oliva, che lo rende prezioso alleato della salute per gli effetti benefici sul cuore e l'apparato cardiovascolare. L'acido oleico è contenuto nella frazione saponificabile dell'olio (vedi alla voce corrispondente). Dal punto di vista chimico si tratta di un acido carbossilico monoinsaturo, ovvero con un solo doppio legame tra i vari atomi di carbonio.

Avvinato: difetto tipico dell'olio dovuto alla formazione di lieviti e a un processo di fermentazione anaerobica (cioè che si verifica in assenza di ossigeno) delle olive.

Biofenoli: molecole organiche naturali caratterizzate dalla presenza di gruppi fenolici (i composti aromatici) e prodotte prettamente dal metabolismo secondario delle piante. I biofenoli sono antiossidanti naturali presenti nelle piante, fondamentali per la nostra salute. Con la loro azione, infatti, i biofenoli contribuiscono a ridurre il colesterolo cattivo, proteggono le mucose dello stomaco e aiutano a prevenire malattie cardiovascolari.

Blend: olio prodotto con più varietà di olive.

Cultivar: varietà di oliva. In Italia esistono oltre 500 cultivar, e ognuna di queste presenta caratteristiche organolettiche diverse che, a seconda della qualità del lavoro in campo e in frantoio, restituiscono al prodotto finale aromi e sentori peculiari.

Decanter: strumento per l'estrazione dell'olio tramite centrifugazione, l'operazione mediante la quale si separa la parte liquida da quella solida. Qui si dividono sansa, acqua di vegetazione e mosto (olio + acqua di vegetazione). Questo passaggio avviene dopo la gramolatura.

Drupa: il termine indica il frutto composto da epicarpo membranoso (buccia), mesocarpo carnoso (polpa) ed endocarpo (nocciolo) contenente uno o due semi (mandorla). Vale per olive, albicocche, pesche e altri frutti simili.

Fenoli: sostanze derivate dagli idrocarburi aromatici (composti organici che presentano nella loro struttura uno o più anelli aromatici) per la sostituzione di uno o più atomi di idrogeno.

Fermentazione anaerobica: serie di reazioni chimiche che permette agli esseri viventi di ricavare energia da particolari molecole organiche. La fermentazione anaerobica è chiamata così perché avviene in assenza di ossigeno.

Filtraggio: dopo tutte le fasi di lavorazione può accadere che l'olio si presenti torbido. Questo indica che il prodotto presenta delle particelle di acqua in sospensione e altre piccole impurità. Il filtraggio serve a eliminare queste particelle e a creare oli limpidi che poi potranno avere una maggiore longevità rispetto a quelli non filtrati.

Fiscolo: recipiente con sistema di filtrazione in cui vengono poste le olive macinate prima di passare alla fase di spremitura meccanica.

Frangitura: primo passaggio pdella lavorazione delle olive subito dopo il lavaggio. Qui avviene la prima rottura delle drupe attraverso un sistema che può essere a “martelli” o a “coltelli”. È un'importante fase della lavorazione perché qui si formano gran parte dei profumi che poi si riscontreranno in fase di assaggio.

Frantoio: gli impianti oleari possono essere di due tipi, a ciclo discontinuo (o tradizionale) e a ciclo continuo. Il primo utilizza per la frangitura le molazze di granito, la pasta che si ottiene si raccoglie nei recipienti detti fiscoli, poi si passa alla spremitura meccanica. L'impianto a ciclo continuo invece prevede un solo ciclo di produzione così da salvaguardare il prodotto in tutto il processo di lavorazione. Il grande vantaggio di quest'ultimo sistema è la presenza del decanter che divide sansa, acqua di vegetazione e mosto. Dopo questo processo il mosto viene inviato ai separatori dove l'olio viene diviso dall'acqua di vegetazione.

Frantoiano: addetto alla frangitura delle olive. Colui che ha il compito di seguire le varie fasi di estrazione dell'olio.

Frazione saponificabile: componente dell'olio extravergine di oliva che rappresenta il 98% del prodotto, interamente costituita da acido oleico.

Frazione non saponificabile: componente dell'olio extravergine di oliva che rappresenta il 2% del prodotto, costituita da diverse sostanze come lo squalene, i fitosteroli, il betacarotene, i polifenoli, l'oleuropeina e l'oleocantale.

Gramolatura: passaggio di lavorazione successivo alla frangitura che consiste nel rimescolamento della pasta ottenuta nel precedente step con lo scopo di agevolare la rottura dell'emulsione tra acqua e olio. La durata di questa fase deve essere tra i 20 e i 40 minuti. Una maggiore durata non aumenta la resa, ma sottopone la pasta a un maggiore contatto con l'aria provocando uno stress ossidativo (a meno che non si usino gramole che lavorano in assenza di ossigeno). In questa fase il frantoiano deve trovare il giusto compromesso tra quantità e qualità in quanto un maggiore riscaldamento della pasta aumenta la resa, ma peggiora la qualità del prodotto.

Metabolismo secondario: in botanica, metabolismo cui sottendono le reazioni delle piante correlate alla vita di interrelazione con l'esterno.

Molazza: macchina utilizzata per la pigiatura delle olive composta da una a quattro ruote.

Monocultivar (o monovarietale): olio prodotto con una singola varietà di oliva.

Morchia: difetto dell'olio dovuto alla permanenza con i fanghi di decantazione. Tipico degli oli non filtrati che, dopo un paio di mesi dall'imbottigliamento, creano la cosiddetta “posa” in fondo alla bottiglia.

Mosca: difetto tipico dell'olio ottenuto da olive colpite dalle larve di mosca dell'olivo chiamata Bactrocera oleae.

Olio di oliva vergine: in etichetta indicato come “olio d’oliva ottenuto direttamente dalle olive e unicamente mediante procedimenti meccanici”. Categoria merceologica che identifica, attraverso più parametri, tutti gli oli che presentano un livello di acidità libera compresa fra 0,8% e 1,5% per 100 grammi.

Olio extravergine di oliva: in etichetta indicato come “olio di oliva di categoria superiore ottenuto direttamente dalle olive e unicamente mediante procedimenti meccanici”. Il termine extravergine identifica, attraverso più parametri, una categoria merceologica assegnata a tutti quegli oli che presentano un livello di acidità libera inferiore a 0,8% per 100 grammi.

Olio di sansa di oliva: in etichetta indicato come “olio contenente esclusivamente oli derivati dalla lavorazione del prodotto ottenuto dopo l’estrazione dell’olio di oliva e oli ottenuti direttamente dalle olive”. In pratica è l'olio ottenuto dalla lavorazione della polpa di oliva dopo la prima spremitura.

Olio lampante: olio di oliva che presenta un livello di acidità libera superiore al 2% per 100 grammi.

Oliva: frutto commestibile dell'ulivo, composto da buccia (epicarpo), polpa (mesocarpo), nocciolo (endocarpo) e seme (mandorla), contenuto all'interno del nocciolo. Le olive si distinguono in tre gruppi: olive da mensa (o da tavola), utilizzabili solo a scopo alimentare, olive da olio, adatte per l'estrazione di olio, e olive a duplice valenza, in grado da essere trasformate sia in olive da mensa che in olio.

Potatura: serie di interventi messi in pratica dall'uomo per modificare la vegetazione e fruttificazione di una pianta. In olivicoltura, una potatura corretta degli ulivi è fondamentale per garantire la qualità delle olive, e può essere svolta manualmente o meccanicamente.

Rancido: difetto tipico dell'olio che subisce un processo di ossidazione. Difetto tipico degli oli che superano la data di scadenza di 18 mesi dall'imbottigliamento.

Riscaldo: difetto tipico dell'olio dovuto a un processo di fermentazione delle olive e in particolare dovuto alla formazione dei batteri Clostridium e Pseudomonas.

Strippaggio: tecnica di assaggio di olio che consiste nel degustare il prodotto inspirando aria all'interno della bocca. L'assaggiatore deve ricreare una sorta di vaporizzatore tenendo i denti serrati e riuscire così a percepire le sensazioni di amaro, piccante e le sensazioni retro-olfattive.

Ulivo: nome botanico Olea europaea. Pianta da frutto originaria dei paesi del bacino del Mediterraneo, molto longeva, in grado vivere per centinaia di anni. Pianta sempreverde, presenta un fusto cilindrico e contorto con legno duro e pesante, e una chioma con forma conica.

Xylella fastidiosa: batterio che vive e si riproduce all'interno dell'apparato conduttore della linfa grezza, che può causare gravi danni alle piante. Quando una pianta viene infettata, i batteri portano alla formazione di un gel nello xilema (tessuto vegetale presente nelle piante vascolari), ostruendo così il flusso dell'acqua e bloccando la nutrizione della pianta.

a cura di Michela Becchi e Indra Galbo

Foodicola. Le edicole di Milano diventano isole del gusto per la Food Week. E non solo

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Degustazione di prodotti tipici, incontri culturali, valorizzazione delle tradizioni gastronomiche locali... In edicola! È il progetto di Snag in collaborazione con il Comune di Milano per rilanciare il ruolo delle edicole all'insegna del gusto. Si comincia con la Milano Food Week. 

Evolversi per sopravvivere. Il futuro delle edicole

Sfrutta il traino della Milano Food Week alle porte il progetto di valorizzazione delle edicole cittadine, con l'intento però di diventare realtà consolidata per rilanciare il ruolo dei chioschi per la rivendita di quotidiani, riviste e libri che punteggiano le città di tutto il mondo, pur risentendo, da qualche anno a questa parte, della crisi profonda della carta stampata. Se un tempo l'edicola – pure per merito di quegli edicolanti sempre pronti alla battuta, e ben disposti a scambiare quattro chiacchiere sulle ultime novità del quartiere – rappresentava un punto di riferimento e motivo di aggregazione sociale per chi ogni mattina arrivava in cerca del suo quotidiano, oggi in tanti sono costretti a cessare l'attività per mancanza di pubblico e guadagni. E allora a Milano, seguendo l'esempio di altre grandi capitali europee, hanno pensato di riabilitarne l'immagine trasformandole nel cuore pulsante di un circuito turistico fatto di degustazioni, approfondimenti culturali e infopoint. A partire dalla settimana in cui tutta la città sarà fin quasi ossessionata dal pensiero del cibo, in grande spolvero per la prima edizione di Milano Food City (dal 4 all'11 maggio, il senso della manifestazione e gli appuntamenti da non perdere qui e qui). Il progetto di rilancio ed evoluzione delle edicole è stato ideato dalla società cooperativa Snag Progetti in collaborazione con Edicola 2.0 e testerà la piazza meneghina nei prossimi giorni, partecipando al calendario degli eventi Week &Food con Foodicola.

 

Foodicola a Milano

Nella pratica con 22 corner di Milano – tra cui 18 edicole – coinvolti non solo nella vendita di quotidiani e riviste (con il lancio contestuale di un nuovo magazine free press, iltuogiornale.it, distribuito nelle edicole cittadine per raccontarle e raccontare la vita in città, tra appuntamenti e luoghi da non perdere), ma pure nell'organizzazione di degustazioni e show cooking con chef e ospiti del settore, con l'intento di “valorizzare specifici prodotti italiani, dai formaggi ai salumi, passando per la birra organica”. L'itinerario toccherà molti quartieri del perimetro urbano, da Porta Genova a piazza XXV aprile, da piazza Castello a piazza Duomo (con tre punti), all'edicola di Colonne San Lorenzo, in partnership anche con Confagricoltura, Sky e Gambero Rosso, che animeranno il cuore della rassegna in piazza Cordusio, con l'allestimento del palco per gli show cooking dei volti di Gambero Rosso Channel, Maurizio Rosazza Prin, Max Mariola e Fabrizio Nonis, Vito e Giorgione. E tanti saranno gli eventi organizzati per famiglie e bambini, improntati alla conoscenza del cibo e della corretta alimentazione. L'impronta che resterà a memoria futura porta in direzione di un'evoluzione delle edicole in luoghi che dispensano servizi per i residenti e costituiscono attrattiva per i turisti, compresa la trasformazione in isole del gusto che raccontano il territorio e le tradizioni locali.

 

Gli obiettivi per il futuro. Dall'edicola al mercato

Solo a Milano, del resto, oggi si contano 540 edicole, con una media di chiusure che sfiora le 30-40 attività ogni anno. La soluzione per arrestare l'emorragia potrebbe essere proprio quella profilata dall'Assessore alle Attività Produttive Cristina Tajani, che punta l'accento sulla riscoperta della funzione sociale, analogamente al progetto intrapreso nei mercati coperti: “La formula che vogliamo seguire è quella di coniugare le attività di vendita con altre di intrattenimento e informazione: il Comune lo sta già proponendo per altri luoghi tradizionali di vendita a cui dare nuova vita, come i mercati coperti”. E rincara la dose Alessandro Rosa, presidente di Snag:“Per il cliente presentarsi in edicola diverrà un’esperienza sempre diversa ed emozionante. Sarà l’occasione per trovare le riviste più amate, insieme a nuovi servizi che consentiranno di ricreare quella fiducia quotidiana tra edicolante e cittadino”. Intanto si comincia con la passeggiata enogastronomica dei prossimi giorni: intorno al distretto della pasta, stanziato in piazza Duomo, si avvicenderanno corner dedicati a pesce e vino bianco, grill e birra, cucina veg e birra bio, dolci e bollicine, con il supporto di stand posizionati a ridosso delle edicole coinvolte.

 

a cura di Livia Montagnoli

Seoul Food Festival. La squadra italiana in visita al summit coreano: Beck, Camanini e le pizze di Franco Pepe

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Tre rappresentanti d'eccellenza chiamati a onorare la tradizione tricolore in Corea del Sud, dove ogni anno va in scena il summit dedicato all'alta ristorazione internazionale, tra convegni, cene a più mani e uno spettacolare pic nic sul Jamsu Bridge. Il programma. 

Il congresso gastronomico di Seoul

L'appuntamento più atteso, al Seoul Food Festival, è il consueto pic nic d'autore sul Jamsu Bridge, che l'anno scorso ha visto tra gli ospiti d'onore Niko Romito, e quest'anno andrà in scena venerdì 5 maggio, proponendo un buffet d'autore concertato a più mani, tra gli chef volati in Corea del Sud per partecipare alla rassegna. L'International chef summit di Seoul, lontano dai clamori eurocentrici che spesso ci fanno dimenticare quanto succede dall'altra parte del mondo - e Seoul e sempre più lanciata nelle cronache gastronomiche che contano: lo scorso autunno la Michelin ha lanciato la prima edizione cittadina eleggendo due tristellati, intanto all'81esimo piano della Lotte Tower ha appena aperto Stay, il ristorante di Yannick Allenò all'interno dell'hotel Signiel Seoul - è un festival che riunisce ogni anno tante personalità di spicco della cucina internazionale. E una quota italiana c'è sempre. Per onorare l'edizione 2017, in programma dal 2 al 5 maggio, sono arrivati nella metropoli coreana in tre, due chef e un pizzaiolo d'eccellenza: Heinz Beck, Riccardo Camanini e Franco Pepe. Anche loro chiamati a discutere sulle tendenze più attuali e la cucina del futuro, insieme a un cast di rappresentanti dell'alta ristorazione asiatica ed europea, da Emmanuel Renaut ad Alvin Leung, da Pierre Marcolini ad Alberto Lee, che in Corea tiene alta la bandiera della cucina italiana, dal 1992 alla guida della tavola tricolore Yesterday, primo ristorante d'ispirazione italiana a Seoul, all'interno del Westin Chosun Seoul Hotel ( e oggi a capo pure di Vecchia e nuovo, insegna più informale, sempre dedicata agli ingredienti e alle tradizione di casa nostra).

 

L'Italia al festival

Nei giorni scorsi il team di chef ha animato cene a 4 e più mani, prima di entrare nel vivo dei lavori ospitati a Le Cordon Bleu di Seoul, dove Heinz Beck (“il più acclamato Tre Stelle europeo” recita la scheda tecnica dell'organizzazione) salirà sul palco per presentare la propria idea di cucina moderna, condividendo l'importanza di un buon bagaglio tecnico per interpretare con piglio contemporaneo la tradizione della cucina italiana. Lo chef de La Pergola di Roma sarà poi protagonista di una Solo Dinner al JW's Grill del JW Marriott Seoul. Come lui, anche Riccardo Camanini, solitamente alla guida della cucina di Lido 84 sul lago di Garda, sarà protagonista di una Solo Dinner al Fours Seasons Boccalino, nel centro di Seoul. Mentre Franco Pepe sarà il campione della serata World Pizza Champion al Market O, il 4 maggio. In contemporanea, al Grand Hyatt Hotel, la Grand Star Dinner riunirà tutti gli chef coinvolti nel festival, che cucineranno insieme per 230 fortunati ospiti, proponendo un viaggio nell'alta cucina internazionale.

Prima di tornare in strada, il 5 maggio, per allestire un bibimbap (il piatto nazionale coreano, a base di riso, uova, verdure e carne di manzo o pollo) collettivo, mentre il pizzaiolo di Pepe in Grani sfornerà pizze per il pubblico che raggiungerà l'Han River per trascorrere una giornata all'aria aperta animando il pic nic d'autore. Ma il Jamsu Bridge, vestito a festa per l'occasione, ospiterà anche molti food truck e realtà dello street food cittadino, pronti a soddisfare la richiesta di una platea numerosa: sono attese migliaia di persone. Chissà quanti saranno conquistati dalla Margherita sbagliata del maestro di Caiazzo?

 

www.seoulfoodfestival.com

 

a cura di Livia Montagnoli

 

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